La crescita incontrollata della fauna selvatica in Italia sta rendendo problematica l’attività agricola in molte aree. Per questo la Cia Agricoltori italiani ha proposto la riforma radicale della legge 157 del 1992 in materia di protezione della fauna selvatica, che non offre – a detta dell’organizzazione – adeguate garanzie agli agricoltori.
La riprova sono i danni da 60 milioni di euro l’anno alle coltivazioni – a fronte di indennizzi con il contagocce – e l’esplosione demografica degli ungulati in Italia, con il caso limite dei cinghiali, la cui popolazione da 900.000 animali del 2010 si è spinta fino a quasi 2 milioni, facendo segnare una crescita del 111% in meno di 10 anni.
Per invertire la rotta, lo schema di riforma della 157/1992 propone innanzitutto di sostituire il concetto di «protezione» della fauna selvatica con quello di «gestione». Tra i punti chiave c’è l’elemento risarcitorio, che introduce il diritto all’indennizzo integrale della perdita subita.
I danni diretti e indiretti alle attività imprenditoriali causati da animali di proprietà dello Stato andrebbero risarciti superando la logica del «de minimis», che limita gli importi erogabili a titolo di compensazione delle perdite, e stabilendo una procedura e una tempistica uniche a livello nazionale, la cui gestione dovrebbe essere demandata alle Regioni.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 20/2019
Fauna selvatica, per i danni serve il risarcimento integrale
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