Sei Regioni italiane – Umbria, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – si schierano «a difesa» dei fondi europei per lo sviluppo rurale, esprimendo «ferma contrarietà» rispetto all’ipotesi di una revisione dei criteri di ripartizione, «disancorati dal parametro della storicità della spesa, come proposto dalle altre amministrazioni regionali con l’avallo del Ministero delle politiche agricole».
Una posizione formalizzata in sede di Conferenza Stato-Regioni, al tavolo della Commissione politiche agricole, dagli assessori all’agricoltura delle aree che – sostengono – «da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr». «Scelte illogiche e perciò contestate aspramente» dicono gli assessori.
Attraverso una nota depositata agli atti dei lavori della Commissione, gli amministratori delle sei Regioni hanno definito come «incomprensibile la proposta di ripartizione dei fondi formulata dal capo di Gabinetto del ministro.
«Essa – si obietta – parte da un presupposto definito incontestabile, cioè che vi siano dei parametri per la ripartizione dei fondi Feasr che sia possibile definire oggettivi, quasi fossero elementi di verità scientifica in grado di rendere giustizia a tutte le Regioni. L’ipotesi logica da cui muove questa osservazione è che si tratti di un criterio in grado di allocare le risorse in maniera equa, essendo già stato utilizzato in altre occasioni, e cioè per l’applicazione delle risorse assegnate per il de minimis».
Tuttavia, si evidenzia, «l’aiuto de minimis è utilizzato in agricoltura, di norma, per soddisfare esigenze emergenziali, dovute spesso a calamità naturali o a epizoozie e quindi volte al risarcimento del danno. Le risorse del Feasr, al contrario, sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali, come del resto sostiene lo stesso commissario europeo all’agricoltura Janusz Wojciechowski».