Il 28 ottobre scorso il Senato ha approvato la legge delega al Governo per la trasposizione nel diritto italiano della direttiva europea finalizzata a contrastare le pratiche sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.
Dopo gli scarsi risultati ottenuti in ambito nazionale, vedi il «famoso» articolo 62, potremmo essere di fronte a una vera svolta.
L’Unione europea è intervenuta sulla controversa materia dei comportamenti scorretti favoriti dal disequilibrio del potere economico nel settore, promulgando la direttiva 2019/633 che stabilisce i principi e i criteri cui i singoli Paesi membri devono attenersi nel definire il quadro di riferimento legislativo nazionale e individua un doppio elenco di pratiche vietate (lista nera) o consentite ma a determinate condizioni (lista grigia).
Ora la responsabilità di legiferare e di stabilire le modalità con le quali l’Italia attua nel proprio ordinamento la direttiva sulle pratiche sleali nel comparto agroalimentare passa al Governo, il quale però dovrà operare seguendo le linee guida, le raccomandazioni e le indicazioni che sono state puntualmente stabilite dal Parlamento.
Tra i contenuti della delega va segnalato il fatto che il Governo è tenuto a prevedere la regola per la quale, nel caso in cui sia fissato dall’acquirente un prezzo del 15% inferiore ai costi medi di produzione risultanti dall’elaborazione di Ismea.
Un’altra importante indicazione sulla quale da tempo le organizzazioni agricole si battevano è la revisione del regolamento in materia di vendite sottocosto.
Importante anche il divieto di praticare la vendita attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2020
Pratiche sleali, forse ci siamo
di E.Comegna
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