È cominciata la raccolta delle olive in Italia e si fanno le prime stime: per l’olio made in Italy del 2021 si prevede una produzione in aumento del 15% rispetto allo scorso anno e di ottima qualità. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti, Ismea e Unaprol, in occasione dell’inizio della raccolta nel siracusano.
Secondo i dati, la produzione potrebbe attestarsi intorno ai 315 milioni di chili (273,5 milioni di chili l’annata scorsa), in media con le statistiche delle ultime campagne ma con un risultato inferiore alle attese.
A influenzare negativamente la stagione, la siccità che ha colpito la Puglia, regione che produce la metà del prodotto italiano, che resterà ben distante dagli standard tipici delle annate di carica (200 milioni di kg).
Il possibile incremento produttivo è frutto di un concreto miglioramento di alcune aree con punte del 40%, compensato al ribasso da altre zone. La Sicilia, dopo tre stagioni di difficoltà, potrebbe tornare sopra la soglia dei 40 milioni di kg, mentre qualche problema in più si registra in Calabria molto lontano dalla produzione massima regionale.
Annata negativa per Toscana e Umbria (con punte di -50%) che scontano andamento climatico incerto e potrebbero patire possibili attacchi della mosca olearia, mentre tra le regioni centrali il Lazio mantiene pressoché invariata la produzione dello scorso anno.
Maglia nera della stagione al Nord, Lombardia in testa, colpito da periodi di gelo e grande caldo che hanno ridotto al minimo la produzione (stime da -60 a -80%). Numeri che rendono la ripresa del settore più lenta del previsto e rischiano di far scivolare l’Italia fuori dal podio della produzione mondiale.
«Queste prime stime andranno verificate con l’inizio della raccolta in tutte le regioni» precisa il presidente di Unaprol David Granieri. «Tutti attendevamo l’annata di carica ma, purtroppo, l’andamento climatico ha colpito duramente le aziende olivicole che hanno incrementato i propri investimenti irrigui per salvare la produzione».
Secondo Granieri «conserveremo ancora il primato sulla qualità ma siamo in difficoltà sulle quantità di prodotto; per questo non sono più rinviabili interventi strutturali di rinnovamento degli impianti e recupero degli uliveti abbandonati per consentire alla produzione di tornare sui livelli di eccellenza di dieci anni fa».