«L’imminente e ormai difficilmente evitabile esplodere della crisi idrica nel Nord Italia evidenzia l’urgente necessità che il governo individui un’autorità con la potestà di dirimere inevitabili contrapposizioni fra interessi, rispettando le normative di legge» sostiene Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue Aanbi).
«La diversificazione di situazioni che si stanno registrando lungo la penisola pone d’attualità la necessità di realizzare infrastrutture idriche per trasportare l’acqua da un territorio all’altro, superando anche antistoriche contrapposizioni, ma privilegiando l’interesse generale e poi riproponiamo con voce alta il piano invasi che Anbi e Coldiretti da tempo hanno messo a disposizione» osserva a sua volta Massimo Gargano, direttore generale di Anbi. «Contestualmente è necessario completare gli schemi idrici, la cui incompiutezza penalizza alcuni territori pur in presenza di disponibili risorse idriche».
«La confortante immagine della tracimazione controllata dal bacino di Ridracoli a beneficio dei territori romagnoli è null’altro che quella di un’oasi in un Nord Italia ormai caratterizzato da un andamento pluviometrico mediorientale: è questa la tendenza, che emerge dall’analitica ‘fotografia’ fornita dal report settimanale dell’osservatorio Anbi sulle risorse idriche».
Prosegue Anbi: «la prima conferma arriva proprio dall’Emilia-Romagna, dove al ‘troppo pieno’ del grande invaso casentinese si contrappone il ‘troppo vuoto’ dei serbatoi piacentini con il lago di Molato che trattiene 0,85 milioni di metri cubi d’acqua (l’anno scorso erano mmc.1,82) a fronte di una capacità di 8,50 mc; a separarli ci sono gli Appennini, una barriera climatica che disegna due mondi profondamente diversi come confermano anche i fiumi del versante adriatico con Savio e Lamone abbondantemente sopra le medie del period.
Permangono drammatiche le condizioni, ma soprattutto le prospettive dei corpi idrici nel Nordovest d’Italia: in Piemonte, a febbraio, il deficit pluviometrico è stato dell’87,3%, superando il 90% nei bacini dei fiumi Ticino, Toce, Agogna-Terdoppio, Orba, residuo Po-confluenza Tanaro, Dora Baltea fino a toccare il 98,6% nell’area dello Scrivia Curone.
Anche in Lombardia le riserve idriche sono inferiori a quelle del 2022 (-13,55% e -60% sulla media storica): il dato più preoccupante riguarda la neve (circa il 13% in meno rispetto all’anno scorso e circa il 70% sotto la media storica), che a causa delle alte temperature sta velocemente sciogliendosi.
Continua a destare profonda preoccupazione la condizione delle risorse idriche in Veneto: nel mese da poco concluso, infatti, sulla regione sono piovuti mediamente 3 millimetri d’acqua, quando la media sarebbe di 60 (-96%!).
La temperatura media di febbraio è stata di 2,6 gradi superiore alla media ma, nella seconda metà del mese, lo scarto è stato di +8° (dopo il 1998 è il record da 43 anni). Le alte temperature hanno conseguentemente causato la fusione dello scarso manto nevoso (dal 1° ottobre, il deficit nivale è del 32% sulle Dolomiti e del 20% sulle Prealpi. A risentirne sono inevitabilmente le falde già esangui della pianura, con gravi deficit nell’alta pianura veronese e in quella vicentina e padovana.
Tra i fiumi, decresce vistosamente l’Adige (-cm.30), mentre il Piave cresce sorprendentemente di oltre 80 centimetri, beneficiando di qualche rovescio locale e dello scioglimento delle nevi.
Tra i grandi bacini naturali del Nord (tutti sotto media) c’è da registrare una leggera crescita di livello del Benaco, che resta però a pochi centimetri dal minimo storico (riempimento: 37,9%); il lago Maggiore cresce di 2 centimetri (riempimento: 39,5%), mentre cala il Lario (al 17,6% di riempimento) e resta invariato il livello dell’Iseo (riempimento: 15,7%).