L’Organizzazione interprofessionale del pomodoro da industria del Centro Sud Italia ha scritto alla ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova per manifestare il pieno appoggio alla sua presa di posizione in merito alla regolarizzazione dei lavoratori di origine straniera che non hanno permessi di soggiorno regolare per permanere nel nostro Paese, e che «rappresentano una risorsa fondamentale per il settore agricolo».
Il raggruppamento rappresenta 18 organizzazioni di produzione agricola e 51 aziende di trasformazione, che nel complesso realizzano più del 50% della produzione nazionale.
«Per la nuova stagione il settore agricolo avrà bisogno di migliaia di lavoratori, 25.000 stagionali solo per il comparto del pomodoro, ed è fondamentale che siano tutte persone regolari. Le preoccupazioni in relazione al nesso causa-effetto tra assenza di regolarizzazione dei lavoratori e crescita del caporalato, che come filiera ci siamo impegnati a contrastare in maniera ferma, è evidente, e trova in un’iniziativa di regolarizzazione dei lavoratori un elemento risolutivo di sistema» dichiara Guglielmo Vaccaro presidente dell’Oi del pomodoro da industria del Centro Sud Italia.
Anche dall’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) arriva il sì alle proposte della ministra Bellanova: «Finalmente, dopo anni di ipocrisia e speculazione politica sui migranti, l’Italia si accorge che senza manodopera straniera l’agricoltura delle ‘eccellenze’ non esisterebbe» dice Antonio Corbari, presidente di Aiab.
«La proposta della regolarizzazione dei migranti fatta dalla ministra Bellanova è un atto di realismo che trova tutto il sostegno di Aiab, che da anni denuncia le condizioni di sfruttamento disumano di questi lavoratori» aggiunge Corbari.
«Non ci sono produzioni rinomate che non si giovino del contributo di lavoratori stranieri, spesso senza diritti e in condizioni di vita disumane – sottolinea l’Aiab -. Nessuna regione è esclusa e in tutte le regioni si segnalano denunce e arresti per capolarato».
«L’agricoltura italiana, così come quella europea – dice Corbari – non può fare a meno di questi lavoratori. Riconoscere questa semplice e inequivocabile realtà, sarebbe un grande segno di civiltà politica. Per ridare dignità a persone che fanno parte a pieno titolo del nostro sistema produttivo».