Le biotecnologie di ultima generazione applicate all’agricoltura sono una soluzione per la sostenibilità che merita la stessa considerazione dell’agroecologia e del biologico.
Ma l’UE non vuole andare verso la deregolamentazione dei prodotti ottenuti con queste tecniche, secondo l’approccio nordamericano che li equipara ai prodotti da incrocio tradizionale, bensì vuole costruire un quadro normativo ad hoc, governato dal metodo «caso per caso» e da una valutazione del rischio a doppio binario, che consenta per alcuni prodotti una via veloce all’autorizzazione.
Sono queste le indicazioni che emergono dalla conferenza «Biotecnologie moderne in agricoltura», organizzata lo scorso 29 novembre dalla Direzione generale salute della Commissione europea.
Sono affermazioni di buonsenso, condivise dalle istituzioni europee, dal mondo agricolo e dagli scienziati, ma il no di ambientalisti e settore biologico resta totale, anche se qualche crepa comincia ad apparire.
Per Ifoam (L’associazione dell’industria bio) e Greenpeace le Ngt (Nuove tecniche genomiche, in Italia chiamate Tea), invece, non sono una soluzione accettabile e vanno regolamentate come gli ogm. «Noi non vogliamo usarle» ha detto il presidente di Ifoam Jan Plagge. «Se si parla di coesistenza ci vuole piena tracciabilità e se vogliamo soluzioni veloci, ci sono già pronte quelle offerte dal metodo biologico».
«Forse sarò considerata un’eretica – ha detto invece la viticoltrice bio Diana Lenzi, presidente dei giovani agricoltori europei – ma se mi si dà l’opportunità di gestire la peronospora con meno input io devo poter prenderla in considerazione, magari poi non la uso, ma devo avere la possibilità di utilizzarla».
Comunque, nonostante i molti richiami all’urgenza di una decisione, la Commissione europea non cambia il calendario per eventuali modifiche alla normativa sulle nuove tecniche di miglioramento genetico: valutazione di impatto e consultazione pubblica nel 2022, proposta legislativa prevista a primavera 2023.