Nell’anno del Covid sono cresciuti del 9% i consumi di frutta secca degli italiani ma è allarme per l’invasione di nocciole sgusciate dalla Turchia, da cui arrivano i 2/3 del totale usato per snack e dolci, nonostante le allerte scattate per gli elevati livelli di aflatossine cancerogene.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea che evidenziano come, nonostante le limitazioni al commercio internazionale imposte dalla pandemia, non si sia arrestato il flusso di prodotto estero che viene spacciato come italiano e finisce nelle confezioni di frutta secca pronta da mangiare, nei gelati e nei dolci industriali, grazie alla mancanza dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta sulla frutta trasformata.
Le importazioni straniere sono praticamente raddoppiate negli ultimi dieci anni (+98%), e dei 61 milioni di chili che nell’anno del Covid hanno varcato i confini nazionali quasi 40 milioni di chili sono di origine turca, che è anche il maggior produttore mondiale.
Al secondo posto si colloca l’Italia dove negli ultimi dieci anni la superficie coltivata a nocciole in Italia è passata da circa 71.000 ettari a 88.747 ettari, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, con una crescita generale in tutte le aree del Paese e la conquista di tre denominazioni di origine per la Nocciola Piemonte igp, la Tonda di Giffoni igp e la Tonda Gentile Romana dop. Il terzo paese produttore sono gli Stati Uniti, davanti alla Georgia.
Questa situazione, in assenza di un obbligo di tracciabilità delle nocciole utilizzate nei derivati rischia – denuncia Coldiretti – di dare un’immagine ingannevole della qualità delle nocciole nazionali che frequentemente vengono tagliate, miscelate o sostituite con quelle di importazione.
Da qui l’esigenza – ha concluso la Coldiretti – di portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine su tutti quegli alimenti ancora anonimi, a partire da quelli trasformati, come nel caso delle nocciole utilizzate nell’industria dolciaria.
Ci si potrebbe anche chiedere, aggiungiamo, che soluzioni propongono quelle associazioni ambientaliste, o presunte tali, che denunciano l’aumento delle superfici coltivate a nocciolo in Italia (17.000 ettari in 10 anni, capirai…), grazie anche ad accordi con alcuni grandi gruppi dolciari, come un pericolo mortale per l’ambiente, il paesaggio e la biodiversità.