L’incarico che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito a Mario Draghi dovrebbe portare alla formazione di quello che viene solitamente definito «Governo tecnico».
Un Governo, cioè, formato da persone con competenze specifiche e che si pone come obiettivo quello di risolvere pochi ma fondamentali problemi. Nel caso attuale le questioni all’ordine del giorno sono essenzialmente due: la gestione della pandemia da Covid-19 e l’utilizzazione dei 209 miliardi messi a disposizione dell’Italia dal Recovery Fund.
Negli anni passati gli esempi di questo tipo sono quelli del Governo Ciampi, nel 1993-94, e del Governo Monti nel 2011-2013.
Forse non tutti ricordano chi furono i ministri dell’agricoltura in quei due Esecutivi: Ciampi scelse Alfredo Diana e Monti puntò su Mario Catania. Due personaggi diversi ma accomunati dalla grandissima esperienza in campo agricolo. Alfredo Diana fu, tra l’altro, presidente di Confagricoltura per molti anni, mentre Catania aveva passato oltre 30 anni al Ministero dell’agricoltura, da ultimo come capo del Dipartimento delle politiche europee e internazionali.
L’auspicio che l’intero mondo agricolo italiano condivide è che Mario Draghi, se riuscirà a formare un Governo, faccia una scelta altrettanto oculata di quelle dei suoi predecessori, scegliendo per il Mipaaf una personalità di grande competenza agricola.
Come già L’Informatore Agrario ha avuto modo di scrivere, dopo le dimissioni di Teresa Bellanova, anche il settore agricolo è alla vigilia di scelte decisive, a cominciare dall’elaborazione dei Piani nazionali per la prossima Pac.
Oltre a questo, ci sono poi le «vittime legislative» della crisi di Governo, cioè tutti quei provvedimenti già approvati ma che sono stati bloccati perché mancano i decreti attuativi.
Tra gli arretrati che il nuovo ministro erediterà, oltre ad alcune parti del Testo unico del vino (legge n. 238/2016) e al Testo unico in materia di foreste e filiere forestali (legge n. 34/2018), ci sono i decreti attuativi dello standard di sostenibilità e del Fondo per le filiere e per lo stoccaggio dei vini di qualità, oltre a un progetto organico per il rilancio dell’export agroalimentare made in Italy.
Non c’è tempo per «imparare» a fare il ministro.