Il premio Nobel per la chimica 2020 è stato assegnato all’americana Jennier Doudna e alla francese Emmanuelle Charpentier, le cui ricerche nel campo della genetica hanno portato alla creazione della tecnica del Crispr, che sta alla base anche del genome editing.
«È un passo importante per tutto il settore agricolo, che deve affrontare con tempestività le sfide dell’eco-sostenibilità e della competitività del mercato globale» ha affermato il presidente della Cia Dino Scanavino, che aggiunge: «Siamo fiduciosi che questo Nobel possa essere il preludio a uno stop dell’equiparazione del genome editing e delle nuove tecniche di miglioramento genetico agli ogm, dopo la controversa sentenza della Corte di Giustizia del 2018».
L’auspicio della Cia è che «si possa, adesso, intervenire sulla obsoleta legislazione comunitaria. Il genome editing non presuppone inserimento di Dna estraneo mediante geni provenienti da altre specie. Si opera, infatti, internamente al Dna della pianta, che rimane immutato e assicura la continuità delle caratteristiche dei nostri prodotti, garantendo anche l’aumento delle rese, insieme alla riduzione dell’impatto dei prodotti chimici e al risparmio di risorse idriche».
Le nuove biotecnologie, spiega Cia, arrivano a perfezionare il corredo genetico delle piante in maniera simile a quanto avviene in natura, ma con maggior precisione e rapidità, oltre ad avere il vantaggio di essere poco costose.
«L’agricoltura non può fare a meno del miglioramento genetico, che ha da sempre accompagnato la sua storia mediante le tecniche tradizionali di incrocio e innovazione varietale – ha spiegato Scanavino -. Oggi abbiamo bisogno di ulteriore miglioramento per adattare le nostre colture a un contesto ambientale trasformato dal cambiamento climatico e minacciato da nuovi patogeni».