Il Convase (Consorzio nazionale valorizzazione sementi) due anni fa si è aperto alle organizzazioni di rappresentanza del mondo agricolo e del settore sementiero: Copagri, Confagricoltura, Cia Agricoltori, Alleanza delle cooperative agroalimentari e Assosementi.
Ne parliamo con Franco Verrascina, past president di Copagri. Dal giugno 2021 è presidente del «Comitato di indirizzo e salvaguardia» del Convase che, anche grazie al suo impegno, è diventato una sorta di tavolo dell’interprofessione, un laboratorio dell’innovazione nel settore sementiero e dei seminativi.
«Copagri e gli altri partner hanno deciso di entrare nel Convase – ci ha detto Verrascina – con la profonda convinzione che tutto si origina dal seme e che è quindi giusto fornire al settore sementiero, attraverso il Comitato di indirizzo e salvaguardia, il punto di vista delle organizzazioni agricole.
Dentro questo ragionamento c’è un po’ tutta la filosofia che ha animato la Copagri in questi anni, vale a dire una specifica attenzione ai rapporti di filiera, alla qualificazione del prodotto italiano e alla tracciabilità delle produzioni per garantirne l’origine
e la sicurezza».
Verrascina, a novembre scorso, lei ha passato il testimone della presidenza di Copagri a Tommaso Battista. Un cambiamento avvenuto dopo un periodo estremamente difficile per il Paese, anche a causa della pandemia. Qual è l’eredità che ha lasciato e come vede il futuro dell’agricoltura e dell’Organizzazione?
«Più che di eredità parlerei di continuità. Ho avuto la fortuna di guidare per ben 13 anni una delle maggiori confederazioni agricole del Paese che, al pari di qualunque azienda, era arrivata al punto di doversi rinnovare per crescere. In questo senso, l’avvicendamento con Battista è stato un passaggio naturale, nel segno della continuità e della necessità di dare nuova linfa alle attività di una confederazione che è ormai coesa e strutturata e che ha davanti a sé, al pari della nostra agricoltura, un futuro impegnativo e ricco di sfide, il cui solco è stato già tracciato.»
«Gli ultimi anni, come noto, sono stati molto complessi per la nostra agricoltura, ma ora che fortunatamente la pandemia è alle spalle, bisogna continuare a lavorare, come questo Governo sta in parte già facendo, per sostenere e consolidare il primario; per fare ciò è fondamentale intervenire sulla redditività dell’agricoltura, andando a efficientare la rete infrastrutturale e idrica del Paese, ma anche agendo sul versante della liquidità e dell’accesso al credito, puntando inoltre con decisione sull’innovazione e sulle innumerevoli possibilità offerte dalla ricerca».
Quali sono, a suo avviso, le criticità attuali e future del comparto nazionale dei seminativi?
«Il comparto sementiero italiano è sempre stato un fiore all’occhiello della nostra agricoltura, anche se scelte sbagliate o mancate non hanno contribuito a una sua crescita. La principale criticità attuale e futura è una soltanto: mettere mano con la massima urgenza a un piano di ricerca scientifica per individuare i «semi del futuro», anche perché gli effetti del climate change sono già sotto gli occhi di tutti e senza una risposta scientifica seria ci troveremo in grandissime difficoltà negli anni a venire».
Il Convase ha sempre evidenziato l’importanza del seme certificato, che diventa nodale in un percorso di tracciabilità e di filiera. Ci può dire la sua opinione?
«Parlare di seme certificato equivale a promuovere la tracciabilità andando quindi a valorizzare l’intera filiera, in quanto si va a convergere verso il comune obiettivo di soddisfare tutti gli attori in gioco, in modo tale che ognuno possa ricavare la giusta remunerazione. Si parla tanto dei prezzi della materia prima che sono schizzati verso l’alto nello scorso anno, tralasciando però di ragionare sulla drastica diminuzione delle produzioni; ma chi può biasimare un agricoltore che decide di non produrre sotto la soglia dei suoi costi?»
«Senza polemiche, quindi, diciamo che bisogna sedersi intorno a un tavolo e ragionare sulla redditività, sulla redistribuzione del valore all’interno della filiera e sull’indubbio valore aggiunto di un prodotto interamente italiano, a partire dal seme».
Copagri e Convase come intendono lavorare per dare futuro al settore dei seminativi?
«Puntando sulla ricerca e sull’innovazione, senza le quali in campo agricolo non si va da nessuna parte; è per questo che da tempo auspichiamo e lavoriamo per un vero e proprio cambio di passo in tal senso, privilegiando un approccio bottom up. La Copagri e il Convase vogliono e devono contribuire a questa svolta, indicando alla ricerca le esigenze dei produttori, in modo da armonizzare il lavoro di chi va in campo e di chi sta in laboratorio ma poi testa il suo risultato attraverso le prove pratiche di campagna»
Gaetano Menna