L’Associazione florovivaisti italiani ha organizzato nei giorni scorsi una tavola rotonda alla quale hanno partecipato anche il sottosegretario delle politiche agricole Gian Marco Centinaio e il presidente della Commissione agricoltura al Senato, Gianpaolo Vallardi.
Dopo l’esperienza della pandemia che ha tolto al settore miliardi di fatturato, è stato sottolineato, occorre stringere a livello istituzionale per la promozione del florovivaismo Made in Italy e del suo ruolo anche su temi ambientali, e che riguardano il verde, gestiti dal Ministero della transizione ecologica, per essere chiamati in causa in discussioni e processi decisionali.
Per i florovivaisti italiani è, infatti, cruciale l’inquadramento del settore tra quelli implicati nel Green Deal Ue e, più nel dettaglio, è necessario dotarsi di una serie di pilastri fondamentali come una programmazione e pianificazione di materiali utili, accordi e contratti per la forestazione e il verde. Un piano di azioni a supporto delle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, nel processo di ammodernamento in chiave sostenibile per cogliere le opportunità offerte dagli incentivi a disposizione (certificati bianchi, conto termico e superbonus) e specifici del Pnrr (parchi agrisolari. agrivoltaico, comunità energetiche, teleriscaldamento da biomasse), tenendo sott’occhio anche il tema dei rincari delle materie prime necessarie al settore e motivo di criticità imprenditoriale.
Inoltre, ha ricordato l’Associazione, il settore potrà essere all’altezza degli obiettivi Ue e della competitività internazionale, se potrà superare lo scoglio del riconoscimento giuridico, grazie anche al disegno di legge sul florovivaismo, ora in esame al Senato che dota il comparto di un Piano nazionale con anche investimenti importanti in ricerca e promozione.
«Molto c’è ancora da fare al Tavolo tecnico per rendere il settore più robusto e all’altezza della sfida green europea, ma anche competitivo, facendo valere il peso dell’Italia, come secondo produttore continentale» ha dichiarato Aldo Alberto, presidente dei florovivaisti italiani.
«Dobbiamo però anche lavorare per una rappresentanza più forte in Europa e una maggiore coesione associativa. Raggiungere i mercati esteri con una maggiore coesione e cooperazione tra le aziende può fare la differenza per un settore che già vanta varietà e specializzazione che sono eccellenze del Made in Italy».
In gioco – ha concluso Alberto – ci sono davvero i prossimi anni di un’importante componente socioeconomica del Paese, che esporta in tutta Europa e che, grazie alle 24.000 aziende sul territorio con 2,5 miliardi di fatturato complessivo, realizza il 5% del Pil agricolo nazionale e offre lavoro e marginalità anche a valle del settore produttivo con un indotto di oltre 4 miliardi».