Una delle partite più sensibili che si sta giocando in vista della partenza della Pac 2023-2027 riguarda la ripartizione dei fondi per lo sviluppo rurale tra le Regioni e le Province autonome. La posta in gioco è scottante: c’è da dividere una torta di quasi 13 miliardi di euro e tutti puntano tutte a massimizzare il proprio risultato.
Ci sono però due complicazioni. La prima è la flessione dello stanziamento disponibile rispetto al precedente periodo di programmazione, dovuto al maggior costo della parte di politica di sviluppo rurale gestita a livello nazionale direttamente dal Mipaaf (il sistema di gestione del rischio, con la grande novità del fondo mutualistico catastrofale) e alla diminuzione, seppure lieve, dei trasferimenti da parte di Bruxelles (quota Fears del secondo pilastro).
Il secondo motivo di tensione è la necessità di procedere lungo la strada dell’abbandono del criterio storico di suddivisione dei fondi che è il risultato della stratificazione di decisioni del passato.
L’intenzione sarebbe quella di introdurre il metodo basato su dati oggettivi, come previsto da intese sottoscritte durante la fase di programmazione del settennio 2014-2020.
I parametri oggettivi da utilizzare come base di riferimento per il calcolo dei coefficienti di riparto sono di tipo prevalentemente economico (ad esempio il numero di aziende e il valore della produzione), prevalentemente ambientale (superficie agricola e forestale, aree protette) e poi ci sono le variabili di tipo sociale e rurale (popolazione, lavoro).
Gli schieramenti in campo sono due. Da una parte le Regioni propense a salvaguardare la storicità e dall’altra quelle che optano per il criterio oggettivo. Al primo gruppo appartengono quasi tutte le Regioni del Sud, più l’Umbria; al secondo si ascrivono quelle dell’Italia centrale e alcune regioni settentrionali. In una posizione intermedia ci sono le Regioni posizionate in un’area di confine, nel senso che potrebbero conseguire vantaggi o penalizzazioni in funzione delle soluzioni definite.
La decisione finale inciderà molto sulle imprese beneficiarie dei Psr, perché decreterà quale livello di stanziamento sarà disponibile a livello regionale per il quinquennio 2023-2027 e quanto sarà più elevato o più povero rispetto al passato.
Si annuncia un confronto incerto, aspro e dagli esiti poco prevedibili.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 16/2022
Disputa aperta sulla suddivisione dei fondi per i Psr
di E. Comegna L’articolo completo è disponibile per gli abbonati anche su Rivista Digitale