Non si placa l’emergenza fauna selvatica, acuita dai mesi di lockdown con lo stop alle attività di controllo e gestione soprattutto dei cinghiali.
La conseguenza è l’ulteriore crescita dei danni all’agricoltura, con perdite ormai milionarie, ma anche l’aumento degli incidenti stradali e dei rischi sulla sicurezza pubblica, nelle aree rurali e in città, come raccontano i fatti di cronaca.
Per questo Cia-Agricoltori Italiani torna a chiedere al Governo interventi sulla questione, evidenziando l’assenza nel Decreto Semplificazioni, ora in approvazione al Senato, della proposta normativa in materia annunciata a fine luglio.
Si tratta di un’occasione mancata -spiega la Cia- per riformare una legislazione ormai obsoleta e totalmente carente sia sul piano economico sia su quello ambientale, che non tutela più gli agricoltori e i cittadini che subiscono attacchi sempre più frequenti.
La Cia, già da tempo, attraverso il progetto «Il Paese che Vogliamo», ha lanciato la sua proposta di modifica alla legge 157/92 sulla fauna selvatica, costruita dopo il sostanziale flop delle misure tampone adottate negli ultimi anni con il proliferare dei cinghiali, passati da una popolazione stimata di 900.000 capi in Italia nel 2010 ai quasi 2 milioni di oggi (+111%).
Per invertire la rotta e fronteggiare seriamente il problema, la riforma lanciata da Cia conta alcuni punti chiave:
- sostituire il concetto di «protezione» con quello di «corretta gestione», parlando finalmente di carichi sostenibili di specie animali nei diversi territori;
- non delegare all’attività venatoria le azioni di controllo della fauna selvatica, ma prevedere la possibilità di istituire personale ausiliario;
- rafforzare l’autotutela degli agricoltori e garantire il risarcimento integrale dei danni subiti.