Ammontano a 530 milioni di euro i danni stimati derivanti dall’applicazione del regime del cosiddetto “deflusso ecologico” nella sola provincia di Treviso. È l’allarme lanciato dall’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica (Anbi) che, con una sperimentazione durata 3 anni, ha calcolato sul fiume Piave i costi dell’entrata in vigore, il prossimo 1° gennaio 2022, della direttiva quadro europea Acque (2000/60/CE).
Si tratta di un regime di gestione della risorsa idrica volto a garantire una maggiore portata nei fiumi attraverso la riduzione dei prelievi necessari ad alimentare le reti irrigue territoriali in tutta Europa, con effetti devastanti sull’irrigazione agricola italiana.
Stando ai dati raccolti dall’associazione sul Piave, infatti, l’applicazione degli algoritmi che sono alla base dei modelli previsti dalla normativa europea (calibrati sui regimi caratteristici dei grandi fiumi europei) comporterebbe una riduzione del 70% della presenza d’acqua nel reticolo idraulico interno, con implicazioni drammatiche sulle forniture idriche.
Una denuncia, quella inoltrata dall’Anbi al Governo con una richiesta di moratoria a Bruxelles «per evitare di indebolire la resilienza delle comunità locali di fronte a una situazione climaticamente già difficile», condivisa anche da Agrinsieme che, in attesa di un necessario ammodernamento delle infrastrutture idriche, ha sollecitato il Ministero della transizione ecologica e l’Ispra ad avviare le procedure di deroga previste dalla direttiva UE.