L’opinione pubblicata su L’Informatore Agrario n. 14/2020
ll ruolo di Bruxelles nel fronteggiare le conseguenze economiche dell’emergenza coronavirus sul settore agricolo non si esaurisce certo con le azioni già intraprese.
Ricordiamo le linee guida approvate dalla Commissione lo scorso 16 marzo per sancire la libera circolazione delle merci all’interno dell’UE, contrastando tempestivamente la chiusura delle frontiere ai prodotti agroalimentari italiani da parte di alcuni Stati membri e le illegittime richieste di improbabili certificati virus free.
Analogamente più di recente Bruxelles ha provveduto a istituire green corridor (corridoi verdi) per rispondere al fabbisogno di manodopera agricola dei Paesi dell’Europa occidentale, soprattutto di Italia, Francia e Spagna.
Grazie ai margini di manovra consentiti dai regolamenti della Pac abbiamo posticipato le scadenze, assicurando al sistema agricolo un più agevole adempimento degli obblighi burocratici, incrementato fino a una quota del 70% l’anticipo dei pagamenti unici concessi alle imprese, assicurato la possibilità di riallocare le risorse finanziarie assegnate dalla Pac in funzione delle esigenze rilevate su base territoriale dalle Regioni.
Restano tuttavia importanti azioni da intraprendere volte a stabilizzare i mercati e a garantire la sopravvivenza delle imprese, soprattutto quelle afferenti alle filiere più colpite dal cambiamento dei consumi causato dall’emergenza Covid-19 dopo la chiusura di tutte le reti Horeca (Hotel, risotranti e caffè).
Più aiuti diretti
Le imprese hanno bisogno di un sostegno ancora più forte, serve un’iniezione di liquidità all’interno del sistema, esattamente come reclamano tutti gli altri settori economici. Per questo chiederemo alla Commissione libertà, per gli Stati membri, di spostare le risorse da un Pilastro all’altro, e più precisamente dallo sviluppo rurale agli aiuti diretti, oltre i valori attualmente consentiti dalle regole Pac. In base a quanto affermato recentemente dallo stesso commissario europeo all’agricoltura, Janusz Wojciechowski, restano 6 miliardi di euro da spendere della vecchia Pac (2014-2020), in gran parte legati alle misure sugli investimenti, per le quali è ragionevole supporre uno scarso interesse da parte delle imprese.
Nei momenti di incertezza la fiducia degli imprenditori cala trascinando al ribasso la propensione agli investimenti e solo un’iniezione di liquidità può, da un lato, garantire la tenuta dell’impresa e, dell’altro, ristabilire la fiducia nel futuro.
Il meccanismo degli aiuti accoppiati e gli opportuni interventi sulle ocm (Organizzazioni comuni di mercato), come l’aumento della quota di finanziamento pubblico attualmente fissata al 70%, accorderebbero un sostegno anche ai comparti agricoli attualmente esclusi dal pagamento unico aziendale, ad esempio quello ortofrutticolo. I «nuovi» aiuti accoppiati potrebbero intervenire a favore di specifiche filiere particolarmente colpite dalle conseguenze economiche dell’emergenza coronavirus, basti pensare al lattiero-caseario o a taluni segmenti delle produzioni enologiche.
Ammasso e fondo per le crisi
L’altro obiettivo da perseguire con determinazione è senza dubbio la stabilizzazione dei mercati, finanziando l’ammasso privato, al fine di assorbire l’eccesso di offerta che via via dovesse manifestarsi per i diversi prodotti, e creando un fondo europeo per le crisi di mercato dei prodotti agricoli legate soprattutto alla chiusura dell’Horeca, con una dotazione finanziaria ambiziosa: 1 miliardo di euro.
D’altra parte, i cittadini europei hanno raggiunto una nuova consapevolezza rispetto alla centralità dell’agricoltura nel garantire la regolare fornitura di cibo: siamo convinti che il vigore dell’atteggiamento antagonista rispetto al bilancio della Pac di taluni Stati membri troverà una più difficile condivisione tra i consumatori, rendendo inaccettabile qualunque taglio finanziario della politica agricola comune.