Lo scorso venerdì 22 luglio il Mipaaf ha emanato, a firma del Direttore Generale Oreste Gerini, una deliberazione dirigenziale con la quale vengono modificate, “in considerazione di meri errori materiali e per esigenze di armonizzazione” (cit.), alcune parti dell’avviso n. 182458 del 22/04/22, vale a dire il V bando per i contratti di filiera per il settore agroalimentare.
Una considerazione preliminare è d’obbligo, almeno per quanto riguarda il metodo: se un avviso di gara è scritto talmente male da richiedere in più punti la modifica di 16 articoli su 18 mediante un atto dirigenziale, tanto vale prendersi le proprie responsabilità e pubblicare un nuovo avviso, con la dicitura “annulla e sostituisce il precedente”; per lo meno le imprese e i loro consulenti possono lavorare su un testo consolidato senza dover sottoporre alla “cabina di regia” l’ennesima FAQ (frequently asked question).
D’altronde la vicenda del quinto bando “Contratti di Filiera” è, come già altre volte in passato, partita in modo incerto e non molto in linea con lo spirito che doveva caratterizzare il PNRR, dalle cui risorse, coperte fortunatamente dalla riserva nazionale, è cofinanziato.
Il DM 673777 dello scorso 22 dicembre ricalca in buona parte i passati decreti che regolano questo strumento finanziario, che ricordiamo è in vigore dal 2003 e che nei passati bandi ha finanziato importanti progetti delle diverse filiere agroindustriali per centinaia di milioni di euro.
Il DM è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 marzo e l’avviso è del 22 aprile. Mesi preziosi per le imprese per definire le strategie d’investimento e per fissare con i fornitori di macchinari, impianti e costruzioni condizioni più sicure in vista di un’inflazione galoppante, mesi che sono stati impegnati anche dalle innumerevoli FAQ sottoposte al ministero da imprese, consulenti e associazioni proprio per ovviare alle lacune nell’interpretazione dei documenti normativi.
Comunque sia, da lunedì 25 luglio è in funzione lo sportello telematico per l’inserimento delle domande di finanziamento, con il termine ultimo (decorsi 90 gg.) fissato per il prossimo 23 ottobre.
Fino a qui, verrebbe da pensare “tutto bene ciò che finisce bene”, e invece nella deliberazione ministeriale è contenuto un passaggio così problematico da compromettere l’esito positivo di molti dei progetti di filiera attualmente in gestazione.
Il passaggio recita testualmente: «All’articolo 6 “Agevolazioni concedibili”, comma 4, nella Tabella 1 in corrispondenza dei dati afferenti alla Tabella 4A dell’Allegato A – Aiuti alla ricerca e allo sviluppo nel settore agricolo: le parole “PMI” e “GRANDI IMPRESE” sono eliminate e sostituite da “Organismi di ricerca e di diffusione della conoscenza”; le percentuali di contributo in conto capitale “100%”, 80%, 90% e 70%” sono eliminate e sostituite da “100%”».
In sintesi: le agevolazioni per le imprese private e cooperative per progetti di ricerca e sperimentazione sono state eliminate, e ai fondi possono accedere, con il 100% di contributo, solamente gli organismi di ricerca, sicuramente pubblici (CNR, CREA, università ecc.) e forse, e aspettiamo con ansia le prossime FAQ, quelli privati, magari iscritti all’anagrafe degli enti di ricerca.
Al di là degli aspetti di merito, che denotano una deriva statalista e anti-imprenditoriale nell’utilizzo dei fondi, tutta la vicenda ha del grottesco: nessuna norma o interpretazione precedente, comprese le decisioni della Commissione Europea sugli aiuti di stato, ha mai escluso le imprese private dalla realizzazione di propri progetti di R&S cofinanziati dal Mipaaf. Infatti, per sovvenzionare la ricerca pubblica ci sono altre risorse finanziarie (MIUR, fondi europei ecc.).
Possiamo solo sperare in una rapida marcia indietro del ministero. In caso contrario possiamo attenderci una raffica di ricorsi presso il Tar del Lazio, con la conseguenza di un allungamento dei tempi di istruttorio e erogazione dei fondi tale da vanificare qualsiasi impatto positivo dei progetti sul comparto agroindustriale.
Herbert Lavorano