Commentando oggi l’elezione a premier britannico di Boris Johnson, la Coldiretti si chiede se l’arrivo del «nemico del Prosecco» a gestire l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue può alimentare ulteriori preoccupazioni per il futuro del vino più apprezzato dagli inglesi.
La storia comincia nell’ottobre 2016, quando Boris Johnson, allora ministro degli esteri britannico e da sempre sostenitore dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, sosteneva che il suo Paese doveva restare nel mercato unico ma bloccare la libera circolazione delle persone.
Per rafforzare la tesi avvertiva l’Italia che le conveniva schierarsi a favore delle sue richieste per continuare a vendere il Prosecco nel Regno Unito.
L’Italia, con il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, rispose di «giudicare offensivo pensare che l’Italia possa decidere la sua linea sulla Brexit in base all’export di Prosecco».
Calenda, sempre in quel 2016, diceva che «La mia sensazione è che (a Londra, ndr) ci sia molta confusione».
Alla luce della situazione attuale, e a prescindere da cosa succederà al Prosecco, si può dire che Calenda ci aveva visto giusto.