«Non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta». Parafrasiamo la frase di Stalin pensando alla situazione in corso dei pagamenti Pac di Agea e degli altri organismi pagatori.
Introdurre semplificazioni, innovazioni, rendere la domanda Pac un (futuro) esempio di chiarezza per gli agricoltori è un encomiabile impegno di Agea. Ma è indubbio che ci siano dei problemi. Agea ne è consapevole tanto è vero che afferma testualmente: «L’attuale sistema dei pagamenti dei finanziamenti comunitari è un sistema a imbuto caratterizzato da tutta una serie di orpelli che potrebbero essere eliminati per garantire finanziamenti immediati agli agricoltori».
Quindi a marzo ha avviato gli «Stati generali tra gli organismi pagatori regionali, i Caa di coordinamento e le direzioni generali degli Assessorati dell’agricoltura regionali», che non è un appuntamento di routine ma la sede per aggiustare il tiro coinvolgendo anche l’ex amministratore delegato di Poste Italiane, Francesco Caio.
«Il salto di qualità – ha spiegato il direttore di Agea Fabio Vitale all’inaugurazione del confronto – è quello di condividere il nuovo modello di governance con tutti gli interlocutori della filiera. E questo perché non basta creare una serie di processi di sviluppo seppur innovativi, è fondamentale costruire un sistema».
Le testimonianze degli allevatori
Si rilevano criticità in tutta Italia, in Abruzzo: «I pagamenti Pac stanno arrivando in modo frammentato e incompleto agli allevatori abruzzesi e Agea attribuisce questi ritardi a problemi di incompatibilità tra i sistemi informatici attuali e quelli precedenti, che generano errori – è lo sfogo di Nunzio Marcelli, presidente del Consorzio di tutela dell’agnello Centro Italia Igp – tuttavia, la mia osservazione è che le piccole aziende agricole, che spesso operano in aree difficili, sono le più colpite dalla mancanza di liquidità, mentre quelle spesso dedite esclusivamente alla “coltivazione di contributi” (ovvero all’ottenimento dei titoli Pac), sembrano risentire meno di queste difficoltà».
Marcelli fa poi presente che le procedure attuali impongono agli allevatori verifiche minuziose sui capi di bestiame, con l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Asl ogni perdita ma ciò è inadeguato per le realtà estensive, dove il monitoraggio costante è complesso e la perdita di singoli animali è più frequente.
Problemi notevoli per i pascoli stanno subendo i produttori sardi e Agea, Argea e Regione Sardegna sono prossimi alla risoluzione della questione, come ci conferma il direttore di Copagri Sardegna Mario Putzolu: «Quanto alla percentuale che non è stata saldata, possiamo dire che da quanto emerge dai periodici confronti con i nostri associati, al momento oscilliamo tra il 45 e il 55% delle superfici che hanno questa problematica». La Carta nazionale dei suoli in Sardegna ha rilevato come semplici boschi aree pascolabili. È chiaro che il lavoro sotto un piano può essere risolto solo con una lettura a terra, ma leggere a terra una superficie pari a circa 300.000 ettari di bosco è molto difficile e per questo la Copagri ha suggerito una soluzione di carattere amministrativo: «Quelle che storicamente sono sempre state superfici utilizzate a pascolo dovrebbero trovare una sorta.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 10/2025
In rialzo domanda e prezzi delle erbe officinali
di G. Menna
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