Era la tarda primavera del 2018 quando il brand president di New Holland Agriculture Carlo Lambro rilasciò un’intervista al nostro mensile MAD Macchine Agricole Domani. Il colloquio si svolse a Verona, nella biblioteca «Alberto Rizzotti» intitolata al fondatore della nostra casa editrice Edizioni L’Informatore Agrario.
Cinque anni dopo, con uno scenario sociale ed economico profondamente modificato dalla pandemia e con una guerra in corso, a noi vicinissima, abbiamo deciso di ricambiare la visita e il 27 aprile scorso siamo stati ricevuti a Modena.
Durante le due ore di colloquio, nell’ufficio del responsabile mondiale del marchio New Holland, alle cui pareti sono appese grandi fotografie di una storia trattoristica ultra centenaria, abbiamo cercato di mettere in evidenza i temi salienti legati alla catena della meccanizzazione agricola, dalla produzione alla distribuzione, dall’utilizzo efficiente di macchine e attrezzature grazie alle moderne tecnologie per la raccolta e la gestione dei dati fino a traguardare il futuro del settore agromeccanico, dalle possibili alleanze con le start up alle nuove strategie commerciali e di progettazione dei prodotti.
Carlo Lambro stiamo assistendo a una corsa allo sviluppo tecnologico delle macchine agricole, ma a che punto siamo con la preparazione degli operatori che le utilizzano?
La progressione nell’utilizzo di queste tecnologie, soprattutto negli ultimi quattro o cinque anni, è evidente. Quello che può variare è il livello di adozione delle varie funzionalità sia in relazione alla tipologia dei clienti che al livello di maturità del mercato. Dobbiamo, in sostanza, distinguere gli utilizzatori di tecnologia base, come può essere una guida satellitare, dagli agricoltori e contoterzisti che raccolgono e gestiscono grandi quantità di dati in maniera puntuale per la successiva applicazione mirata dei mezzi tecnici. Anche a livello globale ci sono molte differenze; i farmer di Stati Uniti e Canada sono certamente i maggiori utilizzatori di queste tecnologie e in America del Sud sono senz’altro i brasiliani a beneficiare maggiormente di questi sistemi. Da noi il credito d’imposta 4.0 ha dato certamente un grande impulso ma sappiamo che non tutti stanno usando questi mezzi al meglio. Credo quindi che servano regole più chiare affinché chi affonta questi investimenti li sfrutti fino in fondo. Perché questo succeda serve indubbiamente anche la formazione: da parte nostra organizziamo incontri per spiegare l’utilizzo di queste tecnologie e sosteniamo i concessionari in questo lavoro. Abbiamo inoltre un team che può intervenire direttamente sul cliente finale.
Un’altra partita importante si gioca sui sistemi di alimentazione dei motori.
Su questo punto la nostra road map è chiara e l’abbiamo annunciata anche durante il recente «Tech Day» di Phoenix, in Arizona, nello scorso dicembre. Nell’immediato vediamo lo sviluppo di propulsori a biometano per trattori di potenza di circa 150 CV. Non più solo il T6 a metano, quindi, ma anche il T7 LNG (liquido) e CNG (compresso) che assieme al T4 Elettrico sono stati recentemente introdotti come prototipi. Per le potenze inferiori, tra i 50 e i 100 CV, stiamo lavorando a delle soluzioni full electric o in abbinamento a un motore endotermico per la creazione di un ibrido e prodotti e-source per gestire le attrezzature agricole come nel caso del progetto avviato con la società italiana Nobili. Nel lungo periodo, almeno una decina d’anni, vediamo un passaggio all’alimentazione a idrogeno.
Il settore distributivo è in evoluzione; qual è il vostro pensiero?
Per noi il tema più importante nel rapporto con la rete distributiva è la professionalizzazione del concessionario, la dimensione viene al secondo posto. Ci sono sfide, come quella della formazione del personale e dei clienti finali all’utilizzo delle nuove tecnologie, l’assistenza tecnica puntuale e veloce in officina e sul campo, l’implementazione dei servizi, anche quelli finanziari, la corretta gestione dell’usato e infine aspetti legati al marketing che richiedono una riorganizzazione di tipo manageriale di queste aziende. I clienti sono sempre più informati sui prodotti e sulle opportunità e la rete deve essere in grado di dialogare con loro allo stesso livello.
Capitolo fiere, cosa è cambiato rispetto al periodo pre-Covid?
Il vero problema delle fiere a mio avviso è che stanno diventando troppe e troppo costose e a volte coincidenti. La scelta è quindi quella di cercare di investire in appuntamenti che offrano garanzie di ritorno economico e di immagine, ma credo anche che il calendario dovrebbe essere rivisto. Le fiere certamente continueranno ad esistere ma di certo non rappresentano più l’unico luogo di incontro con il cliente.
Lei ha una lunga storia di fedeltà al marchio e a settembre festeggerà i dieci anni nel ruolo di brand president; c’è un desiderio che vorrebbe vedere realizzato?
La nostra storia è lunga e complessa, abbiamo cambiato assetti societari, ci sono state fusioni, mutati nome e colori sociali. Senza dubbio abbiamo raggiunto una qualità dei prodotti riconosciuta sul mercato e in tutto il mondo ma vorrei che la percezione di questo valore fosse immediatamente colta dagli utilizzatori delle nostre macchine agricole di ogni età e ad ogni latitudine.
Tratto dall’articolo pubblicato su MAD – Macchine Agricole Domani n. 6/2023
Carlo Lambro: sfide e attese di New Holland
di M. Limina
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