La scelta di Comexposium e Axema di anticipare lo svolgimento di Sima-Simagena nell’autunno degli anni pari, posizionandola in diretta concorrenza con Eima International, sorprende ma non stupisce.
Sorprende perché nel corso dell’ultima edizione, durante la serata internazionale del 25 febbraio scorso a Parigi, il presidente di Sima e Axema (l’associazione francese dei costruttori di macchine agricole) Frédéric Martin, davanti ad un pubblico di un migliaio di persone, formato da espositori e giornalisti, aveva concluso il suo intervento con un “Arrivederci a febbraio 2021″. Una frase che sembrava avere messo fine, almeno per il momento, alle voci di riposizionamento delle date che circolavano, tra gli stand, dal primo giorno della manifestazione.
Non stupisce perché da qualche edizione la manifestazione francese, pur mantenendo numeri ragguardevoli di visitatori e espositori, non riusciva ad invertire la tendenza negativa schiacciata, temporalmente, tra Eima International di Bologna e Agritechnica di Hannover, eventi fieristici in fortissima crescita. Era normale che gli organizzatori stessero preparando una strategia a lungo termine che nelle loro intenzioni dovrebbe portare ad una riqualificazione dell’evento.
L’annuncio shock, con la decisione di anticipare il Sima dall’8 al 12 novembre del 2020 (nello stesso anno di Eima International, 11-15 novembre) arriva alle redazioni, con un comunicato stampa ed un video rilanciato naturalmente anche sui canali social degli organizzatori, la sera del 4 aprile scorso, 38 giorni dopo la dichiarazione di Martin a Parigi. Contemporaneamente viene anche annunciata l’edizione del centenario prevista dal 30 ottobre al 3 novembre 2022.
Per il momento ci restano l’amaro in bocca per un annuncio, che a questo punto possiamo definire “farsa”, ripreso da tutti i giornali di settore del mondo e l’incognita di due manifestazioni sovrapposte e due enti organizzatori in aperto scontro tra loro.
Un match al quale non avremmo mai voluto assistere, che danneggia il settore della meccanica agraria internazionale, ne offusca l’immagine e dal quale sia i francesi che gli italiani usciranno, dal primo round, con lividi e cerotti.
La partita infatti sarà lunga. Ci vorranno almeno due o tre edizioni, parliamo di quattro o sei anni visto che le rassegne sono biennali, a riassestare la situazione a favore di una o dell’altra fiera. Una cosa però è certa: due eventi di tale calibro e tradizione non potranno mai convivere nello stesso periodo, mantenendo gli stessi numeri e la stessa qualità dell’offerta. E come sempre succede, tra i due litiganti il terzo gode: ad Hannover stanno già brindando.
Come sempre sarà il mercato a decidere attraverso le capacità manageriali degli enti organizzatori e le proposte che riusciranno a mettere in campo per convincere gli espositori a fare la scelta migliore per il loro business. Le fiere vivono sugli introiti dei biglietti di ingresso dei visitatori, sui metri quadrati di superficie venduta e sulla qualità e innovazione delle proposte presentate. Una rassegna moderna deve inoltre indicare, al suo pubblico, le tendenze del settore e le strade su cui investire per fare reddito. Chi riuscirà a proporre la migliore amalgama di tutti questi ingredienti, contando solo sui propri mezzi, vincerà la partita.
Ci sarebbe un’altra via che potrebbe garantire lunga vita a tutte e tre le manifestazioni: la cadenza triennale. In questo caso servirebbe una visione europea del settore e inoltre un grande lavoro diplomatico, inimmaginabile al momento, ma non in futuro. Seduti attorno ad un tavolo i rappresentanti degli enti organizzatori delle tre rassegne di meccanica agraria più importanti del Continente, dovrebbero accettare di fare un passo indietro con una scelta che sarebbe lungimirante perché guarderebbe avanti e metterebbe tutti al riparo da eventuali “attacchi fieristici” che potrebbero arrivare anche da fuori Europa.
Marco Limina