Lo schema di etichettatura francese che obbliga a indicare l’origine del latte e del latte utilizzato come ingrediente comincia a scricchiolare nelle aule della Corte di Giustizia UE.
In una recente audizione della causa intentata da Lactalis contro il Governo francese, i giudici hanno messo in discussione l’approccio di Parigi perché non integralmente in linea con il diritto UE in materia di etichettatura.
L’articolo 39 del regolamento 1169/2011 sancisce che gli Stati membri possono introdurre l’indicazione obbligatoria d’origine «solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza». A sostegno, aggiunge la norma, «gli Stati membri forniscono elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni».
Secondo l’orientamento della Corte che sembra emergere dal dibattimento, lo schema di etichettatura di Parigi prova il gradimento dei consumatori ma non dimostra il nesso tra qualità e origine.
Il punto è che Parigi ha fatto da apripista e altri sette Paesi in Ue, Italia compresa, hanno praticamente copiato e riproposto il decreto sull’origine del latte, a volte estendendolo anche ad altre tipologie di alimenti.
Una bocciatura da parte della Corte UE rimetterebbe in discussione la legittimità di tutti i decreti e, probabilmente, costringerebbe la Commissione europea a correre ai ripari accelerando sull’impegno a proporre un’etichetta obbligatoria a livello UE, come scritto nella strategia Farm To Fork.