Dopo le vivaci proteste degli agricoltori europei all’inizio del 2024 e la reazione rapida da parte delle istituzioni comunitarie è scaturita la riflessione comune su un cambio di atteggiamento, nel processo di transizione ecologica, basato su una maggiore sensibilità verso le esigenze del settore agricolo.
Quest’ultimo chiede di procedere con gradualità, tenendo conto della necessità di garantire la sicurezza alimentare e contenere i costi a carico delle imprese. Sotto tale specifico profilo, il rapporto sul «Dialogo strategico per il futuro dell’agricoltura europea» costituisce un passo indietro, perché potrebbe comportare un forte impatto a carico dei sistemi zootecnici considerati intensivi.
La transizione verso una produzione e un consumo alimentare sostenibile è considerata come un obiettivo da perseguire in maniera coraggiosa e rapida, attraverso la diffusione di pratiche agricole innovative nelle aziende, con un nuovo percorso da prevedere «specialmente per l’allevamento degli animali» (pagina 54 del documento). Come nel Farm to Fork, si parla di consumo responsabile dei prodotti di origine animale e di un bilanciamento della dieta, riconoscendo un ruolo crescente a favore dei prodotti di origine vegetale, «aiutando i consumatori ad abbracciare la transizione». Ancora più importante − e qui si arriva alla rilevante novità − è la scelta di attuare un «approccio territoriale» per favorire la transizione ecologica.
Di cosa si tratta? Per comprenderlo è necessario partire dal presupposto che tra le principali raccomandazioni formulate ci sia quella della riduzione delle emissioni agricole, in vista di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. A tale fine i propone di introdurre una nuova metodologia (diversa da quella basata sull’impronta di carbonio) per misurare le emissioni, per individuare indicatori e valori di riferimento, per stabilire obiettivi settoriali, da raggiungere attraverso un diffuso accesso da parte degli agricoltori alle nuove tecnologie, come la gestione integrata delle risorse, l’economia circolare, l’installazione di impianti per l’energia rinnovabile, l’agricoltura e la zootecnia di precisione.
La novità risiede nella consapevolezza, maturata evidentemente durante i mesi di lavoro nell’ambito del Dialogo strategico, che l’approccio tecnologico non è sempre sufficiente per aggiungere gli obiettivi climatici e in questi casi è necessario intervenire con strumenti diversi. Si propone, pertanto, di individuare le aree agricole nelle quali la transizione ecologica non può essere raggiunta solo con l’utilizzo delle nuove pratiche, ma bisogna andare oltre.
Il compito di selezionare i territori critici, come sono quelli con elevata concentrazione zootecnica, spetta alla Commissione europea, insieme alle autorità nazionali. Fatto questo, si propone di prevedere un Piano di azione territoriale, da concordare insieme agli agricoltori, agli esperti e alle parti interessate, nel quale sono identificate le misure chiave da mettere in campo e le relative tempistiche per la loro attuazione, per raggiungere così i traguardi stabiliti.
«Nelle aree ad alta concentrazione di bestiame con impatto ambientale, sono necessarie soluzioni di lungo termine da sviluppare a livello locale, tenendo in seria considerazione il potenziale socio-economico e le conseguenze politiche dei diversi scenari di transizione. Il Piano di azione territoriale sarà cruciale per garantire una adeguata transizione», si legge nel Rapporto finale sul «Dialogo strategico».
L’approccio territoriale non riguarda solo le emissioni di gas climalteranti, ma deve tenere conto anche di altre ambizioni ambientali come potrebbero essere il miglioramento delle condizioni di biodiversità e la tutela delle risorse naturali. Le misure previste nel Piano di azione dovrebbero essere finanziate con l’istituzione di uno specifico Fondo agricolo, con un’assistenza finanziaria a favore degli agricoltori chiamati a mettere in atto processi di trasformazione che prevedano interventi quali l’utilizzo di nuovi impianti, l’avvio di nuove attività nelle aree rurali, l’abbandono volontario dell’attività e l’acquisizione di competenze per sistemi produttivi alternativi.
In conclusione di queste note descrittive su quanto contenuto nel Rapporto in materia di «Dialogo strategico», è opportuno evidenziare come il documento sia stato predisposto dai portatori di interesse del sistema agroalimentare europeo e quindi non è un atto ufficiale delle istituzioni comunitarie. Ciò però non ridimensiona il rilievo delle raccomandazioni formulate, anche perché tra i 29 organismi convocati, 13 rappresentano gli operatori economici della filiera (agricoltori, industria alimentare, distribuzione, imprese di produzione e commercio di mezzi tecnici).
Appare del tutto evidente come per i comprensori italiani a elevata densità zootecnica, sia di fondamentale importanza verificare quale sarà il destino della proposta sull’approccio territoriale alla transizione ecologica, in quanto potrebbe prefigurare la possibilità dell’attuazione di interventi come quelli che ci sono stati in Olanda negli ultimi anni, con gli incentivi alla cessazione o alla rilocalizzazione dell’attività zootecnica a favore degli allevatori attivi nelle aree maggiormente sensibili.
Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte n. 5/2024
Nuovo approccio UE alla questione ambientale: quello territoriale
di E. Comegna
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