Metano in stalla, sempre più importante misurarlo e ridurlo

Negli ultimi anni, sia all’interno della comunità scientifica sia a livello di opinione pubblica, il tema della sostenibilità è stato sempre più dibattuto. Il concetto di sostenibilità viene rimandato a tre pilastri secondo i quali si distinguono la sostenibilità sociale, economica e ambientale, che cercano di rendere compatibili lo sviluppo di attività economiche e industriali con la salvaguardia della salute e dell’ambiente.

Nel tentativo di rendere concreto e dare applicazione a questo concetto, si è sempre più diffusa una tendenza tra istituzioni, ricercatori e i settori produttivi di cercare, valutare e calcolare gli impatti delle attività antropiche. Una su tutte è l’attività di allevamento zootecnico. In questo contesto, la comunità scientifica si è mossa verso questa direzione, per rispondere alle domande dell’opinione pubblica, molto spesso critica nei confronti di questa realtà produttiva, che soffre di una cattiva e spesso ingiustificata reputazione.

L’allevamento è considerato una delle fonti di emissione di gas a effetto serra (GHG) e di conseguenza una delle cause dell’aumento delle temperature globali. In particolar modo il settore dei ruminanti contribuisce direttamente alle emissioni di GHG a causa della fermentazione enterica degli animali con produzione di metano. In questo contesto la mitigazione delle emissioni dei ruminanti è diventata una delle più importanti aree di ricerca internazionale.

Nel settore della bovinicoltura da carne e da latte, la selezione dei soggetti più efficienti dal punto di vista alimentare si rende necessaria in primis per ridurre l’effetto serra causato (in parte) dalle emissioni di metano enterico, ma anche per la riduzione dei costi di produzione, con conseguente vantaggio economico per gli allevatori.

Il metano enterico viene generato a livello ruminale come prodotto finale del metabolismo in un processo anaerobico noto come metanogenesi. Questo processo viene svolto dai metanogeni, microorganismi esclusivamente appartenenti alla famiglia degli Archea.

I metanogeni sono anaerobi stretti e non crescono in presenza di ossigeno, sono presenti nell’ecosistema ruminale e intervengono in uno dei passaggi conclusivi della degradazione degli alimenti e della fermentazione ruminale. Fermentano i carboidrati per ottenere energia dando origine a prodotti finali quali acidi grassi volatili e idrogeno.

I microorganismi metanogeni convertono l’idrogeno libero in metano. L’attività zootecnica comprendente l’allevamento animale, la gestione delle deiezioni, la produzione di alimenti, l’espansione dei terreni a scapito di habitat naturali è stimata all’ammontare di 14,5% del totale di tutte le emissioni totali di gas serra di origine antropica. Più nel dettaglio il metano enterico proveniente dai ruminanti contribuisce per il 40% sul totale delle emissioni provenienti dall’attività zootecnica e approssimativamente al 6% sulla totalità delle emissioni di gas serra di origine antropica. Inoltre, il metano è considerato uno dei gas serra più impattanti, con un potere riscaldante 28 volte maggiore rispetto quello dell’anidride carbonica.

Le emissioni di metano rappresentano un problema anche in termini di efficienza alimentare: dal 2 al 12% dell’energia lorda ingerita viene persa tramite eruttazione di metano, non essendo più disponibile per il metabolismo animale e per la produzione di carne e latte.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte  n. 2/2021
Misurare il metano enterico per ridurlo nel modo giusto
di S. Callegaro, G. Niero, M. Cassandro
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