Solo nell’ultimo anno in Alto Adige hanno chiuso 150 stalle. In Lombardia sono a rischio oltre 500 piccole aziende agricole nelle zone montane che sopravvivono oggi solo grazie alle cooperative di raccolta latte. Sono alcuni dei numeri resi noti al II Forum sulla zootecnia di montagna, organizzato nei giorni scorsi a Bergamo da Alleanza cooperative agroalimentari, che ha visto la partecipazione del sottosegretario al Ministero dell’agricoltura, Luigi D’Eramo.
Tanti i problemi: i costi di produzione, mediamente più alti rispetto alle aziende che operano in pianura, il peso dalla burocrazia, le ricadute delle nuove normative sul benessere animale e, non ultimo, la pressante questione del ricambio generazionale.
«I costi di produzione per aziende di 20-50 capi sono sempre più insostenibili – spiega Giovanni Guarneri, coordinatore settore lattiero-caseario di Alleanza cooperative agroalimentari – . A pesare maggiormente è il costo del gasolio agricolo: una cooperativa per raggiungere tutte le stalle in ogni singola vallata percorre ogni giorno diverse decine di chilometri con i camion di raccolta latte. C’è poi il grande tema del ricambio generazionale». Lo ha spiegato Fabio Esposito, direttore della Latteria sociale Valtellina: «Quando una stalla entra in difficoltà non resta che chiudere, perché non c’è nessuno che scelga l’allevamento rischiando di intraprendere un’attività su cui pesano non poche incognite».
Le nuove norme europee non fanno altro che complicare un quadro già molto difficile. «La proposta della Commissione europea – afferma Stefano Albasini, presidente della cooperativa Trentingrana e coordinatore del Gruppo di lavoro sulla zootecnia di montagna – prevede al momento che per essere a norma, le aziende, anche le più piccole, debbano avere la cosiddetta stabulazione libera. Ciò comporta dei costi altissimi, specie per piccole imprese di montagna che non superano i 20-30 capi e che rischiano di non sopravvivere, perché adeguarsi alla stabulazione libera richiederebbe spazi più ampi e diversi investimenti che una piccola azienda non riuscirebbe a sostenere».