Escludere i bovini dagli obblighi delle norme sulle emissioni industriali, confermando lo status quo. Lo chiedono gli eurodeputati della commissione Agricoltura nel loro parere sulla riforma della direttiva emissioni industriali. Il parere, che confluirà nel rapporto principale dell’Europarlamento affidato al Popolare bulgaro Radan Kanev della commissione Ambiente, è stato approvato con 36 voti a favore, 8 contrari e 2 astenuti.
Il testo prevede un sostanziale status quo, con l’inclusione dei soli grandi allevamenti di pollame e suini. La Commissione europea ha proposto di ampliare le attività coperte dagli obblighi di rendicontazione delle emissioni industriali agli allevamenti di bovini da 150 capi in su. I ministri dell’Ambiente hanno alzato l’asticella a 350 capi, e l’Italia ha votato contro considerando la soglia ancora troppo bassa. Kanev propone 300. Il voto in commissione Ambiente è previsto per il 24 o il 25 maggio.
«Il voto di oggi ribadisce il nostro supporto a difesa del settore agricolo, escludendo gli allevamenti bovini dagli obblighi derivanti dalla Direttiva sulle emissioni industriali, ed eliminando ogni ulteriore onere per gli allevatori di suini e pollame» ha commentato l’eurodeputato Paolo De Castro (Pd).
Per De Castro, «sarebbe non solo tecnicamente errato paragonare le emissioni della zootecnia, in particolare bovina, alle emissioni industriali, ma anche scientificamente infondato. Grazie al lavoro della commissione Agricoltura – conclude De Castro – abbiamo bilanciato una proposta che non prendeva sufficientemente in considerazione la dimensione sociale ed economica delle nostre stalle e dei nostri allevamenti”.
Grande soddisfazione per il voto in commissione dell’Europarlamento è stata espressa dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini: «La decisione di lasciar fuori gli allevamenti bovini dalla nuova direttiva europea sulle emissioni industriali salva un settore cardine del Made in Italy e va incontro alle richieste della Coldiretti, che aveva denunciato l’assurdità scientifica di paragonare le stalle alle fabbriche».
Un pronunciamento, osserva Prandini, che «va contro la proposta della Commissione europea di ampliare le attività coperte agli allevamenti di bovini da 150 capi in su, la quale potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione».
Sulla stessa linea la Cia-Agricoltori italiani: «È ingiusto e scorretto equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati. Per questo è assolutamente positivo il parere della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, che a larga maggioranza ha escluso gli allevamenti bovini dalla nuova direttiva europea sulle emissioni industriali, e ha eliminato ulteriori oneri per suini e pollame, recependo anche le nostre istanze».
«Riteniamo assurdo ed infondato paragonare gli allevamenti alle attività industriali – sottolinea anche il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – dal momento che c’è un impegno forte da parte del mondo zootecnico nel dare una risposta ad una sempre maggiore richiesta di attenzione verso l’ambiente, che vede l’Italia primeggiare sul fronte delle tecnologie innovative e della sostenibilità, come peraltro dimostrano i risultati ottenuti rispetto alle emissioni di ammoniaca e gas serra che, negli ultimi 30 anni, si sono ridotte rispettivamente del 24% e 12% (fonte Ispra)».