Con l’acronimo PLF (dall’inglese Precision Livestock Farming, in italiano «zootecnia di precisione») si identificano tutte quelle tecnologie utili a semplificare, velocizzare ed efficientare il lavoro in stalla, dai collari che registrato i tempi di ruminazione delle vacche in transizione ai sensori NIR che valutano la qualità dei trinciati di mais passando per i pedometri per la rilevazione dei calori.
Ma l’approccio PLF può essere utilizzato anche per monitorare e prevenire le patologie mammarie, come la mastite, offrendo un valido supporto agli allevatori per agevolare la messa in asciutta selettiva degli animali.
Se la pratica della terapia a tappeto, cioè il trattamento antibiotico di ogni bovina al momento della messa in asciutta, ha contribuito significativamente a ridurre la prevalenza di microrganismi contagiosi come lo Staphylococcus aureus e lo Streptococcus agalactiae in gran parte delle mandrie, allo stesso tempo ha determinato la crescente comparsa di microrganismi resistenti e multi-resistenti (AMR).
Dato che l’antibiotico usato per il trattamento in asciutta rappresenta circa un terzo dell’impiego totale in un allevamento convenzionale, negli ultimi anni un numero crescente di allevamenti ha volontariamente iniziato ad applicare l’asciutta selettiva, che è diventata obbligatoria per tutti gli allevamenti di bovine da latte italiani a partire dal 28 gennaio 2022.
Per fare il punto su questa tematica di importanza a dir poco centrale per la zootecnia da latte italiana, e per offrire al contempo degli strumenti per affrontare le problematiche a essa connesse, il CREA – Centro di ricerca Zootecnia e Acquacoltura di Lodi ha organizzato, lo scorso 26 settembre presso la sede della Fondazione iniziative zooprofilattiche e zootecniche a Brescia, il convegno finale del progetto «PLF No Drug» dal titolo «Digitalizzazione e zootecnia di precisione a supporto della messa in asciutta selettiva».
I DSS al servizio dell’allevamento
La prima parte dell’evento è stata dedicata alla ricerca scientifica nel progetto «PLF No Drug» e ha visto la partecipazione dei tecnici del CREA di Lodi, Fabio Abeni (responsabile del progetto), Stefania Barzaghi, Francesca Petrera, Rosanna Marino e Miriam Zago.
Dai vari interventi è emerso chiaramente come i primi risultati sull’impiego di modelli di supporto alle decisioni o DSS (Decision support system) siano assolutamente incoraggianti, ma allo stesso tempo è necessario costruire modelli specifici per assetto dati presenti in ciascuna azienda. In altre parole, bisogna lavorare molto su software che siano in grado di valorizzare il potenziale informativo di tecnologie che abbiamo già a disposizione e dalle quali non sappiamo ancora estrarre tutto ciò che ci possono fornire a supporto delle nostre decisioni.
Tra le tantissime informazioni scaturite da tre anni di campionamenti effettuati a inizio e fine lattazione su oltre 2.400 bovine presso due importanti allevamenti lombardi va sottolineato quanto una buona routine, che rispetti la fisiologia dell’animale e includa le operazioni di pre e post-dipping, svolta da personale qualificato e in un ambiente tranquillo, possa avere un impatto rilevante sullo stato sanitario della mammella.
L’importanza della professionalità
La seconda parte dell’evento, che ha visto la partecipazione di Paolo Daminelli e Francesca Fusi dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (Izler) e di Mario Comba, veterinario Aral, si è concentrata sull’impatto dell’introduzione di nuovi strumenti di prevenzione e controllo delle mastiti per la zootecnia italiana. Uno dei punti fondamentali è che l’introduzione di nuovi strumenti di diagnosi non può prescindere da un aumento della professionalità lungo tutta la filiera, a partire dall’allevatore.
In questo senso è molto importante valutare che il periodo di asciutta è un momento critico per il benessere della bovina; quindi, è fondamentale una gestione specifica a seconda del livello produttivo manifestato dalla vacca.
Per chiarire: con elevata produzione di latte a fine lattazione bisogna evitare una messa in asciutta drastica con cessazione brusca della mungitura adottando una asciutta graduale con mungitura ridotta a una sola volta al giorno per 7 giorni.
Più interventi hanno, in definitiva, sottolineato lo stesso concetto: una reale valorizzazione del potenziale di tutte le nuove tecnologie a disposizione degli operatori della filiera zootecnica deve passare per un miglioramento nella capacità dell’allevatore e dei suoi consulenti di analizzare i dati nel loro complesso.
Lorenzo Andreotti