Sostituire una bovina precocemente, che sia per mastite, zoppia o altra patologia, è un onere finanziario, poiché la fase improduttiva da vitella a manza è totalmente a carico dell’azienda e la carriera produttiva viene interrotta precocemente. Inoltre, bovine primipare hanno delle emissioni di gas a effetto serra per chilogrammo di latte prodotto superiori del 40% rispetto alle bovine con almeno 5 lattazioni, poiché le emissioni della fase improduttiva vengono «spalmate» sulla maggiore produzione della carriera.
Prolungare la carriera produttiva di bovine sane è vantaggioso, sia dal punto di vista economico sia ambientale. Allo stesso modo, la rilevazione dei calori è essenziale per ottimizzare la produzione di latte. Una fecondazione ritardata, non volontariamente, potrebbe comportare una curva di lattazione con una coda prolungata o un’asciutta lunga.
Ciò comporta una perdita di efficienza e, inoltre, asciutte lunghe possono comportare problemi sia a livello metabolico sia sanitario della mammella. Quindi, una rilevazione dei calori accurata, soprattutto se effettuata tramite sensori (ad esempio, i podometri), può incrementare la quantità di latte prodotto durante la carriera delle bovine e, di conseguenza, diminuire l’impatto ambientale della produzione di latte.
Acquisti e autoproduzione alimentare
La sostenibilità economica e ambientale sono definite da scelte manageriali, come ad esempio l’acquisto degli alimenti dall’esterno dell’azienda o l’autoproduzione. Un alimento acquistato grava dal punto di vista finanziario sull’azienda, soprattutto se si tratta di mangimi proteici ed energetici: vi sono costi dovuti al trasporto delle materie prime dall’estero, alla formulazione e al trasporto del prodotto finale in azienda. Tutti questi passaggi portano all’emissione anidride carbonica e protossido di azoto che vengono considerati nel calcolo delle emissioni imputate alla produzione di latte.
Una soluzione, in caso di disponibilità di superficie aziendale, potrebbe essere la conversione di alcuni campi in coltivazioni di foraggere leguminose (ad esempio, soia foraggera o medica) da utilizzare come fonte proteica nella dieta e la rotazione delle colture in modo tale da ottimizzare la resa di anno in anno.
Inoltre, è stato dimostrato che prati permanenti ed erba medica sono ideali per sequestrare il carbonio nel suolo, diminuendo la quota complessiva di gas serra. In questo modo diminuisce la quantità di mangimi e materie prime proteiche acquistate, soprattutto materie prime come la soia prodotta in Sud America a cui sono imputate varie colpe, tra cui la deforestazione.
La razione viene formulata per rispettare le esigenze delle bovine e incrementare la produzione. Il fieno e i concentrati sono i principali componenti della dieta, essenziali per apportare energia, proteina e fibra. La qualità del fieno è dettata dalle corrette tempistiche di raccolta, che garantiscono un prodotto non lignificato e con fibra facilmente digeribile per la bovina. Invece tra i concentrati è usato principalmente il mais come farina, che è una fonte di energia ottimale per la produzione di latte. Diete differenti hanno impatti ambientali diversi, infatti nel rumine la fibra viene degradata, producendo metano, poi escreto nell’ambiente.
Allo stesso tempo uno sbilanciamento della dieta in favore dei concentrati è dannoso nell’animale, poiché causa dismetabolie, come l’acidosi. Il rapporto ideale foraggio/concentrato è dettato da un equilibrio sottile tra massimizzare la produzione e non compromettere la salute dell’animale. L’obiettivo comune, per un’azienda che sia sostenibile a livello economico e ambientale, è massimizzare la capacità di convertire l’alimento in latte. Questo è possibile utilizzando alimenti di alta qualità, controllati con costanza, anche a livello aziendale (ad esempio, uso di una stufa per stimare la sostanza secca della razione, uso di strumenti NIR).
Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte n. 6/2023
Cosa fare in stalla per puntare alla massima efficienza
di S. Mondini, M. Zucali
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