Il 18 ottobre scorso due allevatori, Pasquale D’Agostino a Casal di Principe nel Casertano e Sebastiano Lombardo a San Teodoro in provincia di Messina, hanno iniziato uno sciopero della fame per sostenere la petizione, presentata dal Coordinamento nazionale Salviamo l’allevamento di territorio, che chiede al Governo di nominare un commissario nazionale che risolva i problemi della brucellosi (Brc) e della tubercolosi (Tbc). Questo è il primo atto di una mobilitazione che coinvolgerà tutte le regioni meridionali.
Gli allevatori meridionali infatti sono impegnati da molti mesi a denunciare lo scandalo dei fallimentari piani di eradicazione della Brc e della Tbc, che al Sud invece di eradicare la malattia stanno distruggendo quello che rimane del sistema di allevamento territoriale, e a chiedere una soluzione che solo il Governo nazionale ha i poteri di mettere in campo.
Ancora oggi, sono 5 le Regioni e 17 le province colpite da Brc e 10 le Regioni con 25 province colpite da Tbc, che da decenni sono condannate a vivere nella crisi per responsabilità del fallimento dei piani di eradicazione. Tutte le Regioni con i piani fallimentari sono nel Sud (particolarmente Campania, Puglia, Sicilia e Calabria e Basilicata), mentre nel Nord Italia i piani hanno funzionato e le aree sono state dichiarate indenni.
La fotografia della situazione restituita dai dati del Centro di referenza nazionale è impietosa. In Italia fra il 2003 e il 2023 sono stati aperti 4.494 focolai di Tbc. Di questi il 66,81% in Sicilia, il 15,34% in Campania, il 5,59% in Calabria, il 3,88% in Puglia, per un totale nelle 4 regioni del 91,60% di tutta Italia.
Per quanto riguarda la BRC, nel nostro Paese fra il 2003 e il 2023 sono stati aperti 11.734 focolai. Di questi il 61,47% in Sicilia, il 18,34% in Campania, il 9,05% in Calabria, il 5,71% in Puglia, per un totale nelle 4 regioni del 94,57%.
Questa situazione ha generato un enorme spreco di denari pubblici investiti nei piani di eradicazione in alcune Regioni come la Campania dove i risultati sono fallimentari, sia dal punto di vista degli obiettivi della eradicazione, sia per i costi socio-economici devastanti che, in dieci anni, hanno portato a decimare le mandrie (con oltre 100.000 animali abbattuti), costringendo alla chiusura 350 stalle su poco più di 1.000 e perdendo 5.000 posti di lavoro con un danno gravissimo per il territorio.