Nei giorni scorsi il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha presentato i dati economici del 2023. Per il «re dei formaggi» si è trattato di un anno di grandi sfide: i caseifici e gli operatori commerciali hanno collocato sul mercato la produzione più alta, quella del 2021 (4,1 milioni di forme), in un contesto legato alle incertezze causate dai conflitti internazionali e al trend inflattivo che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie. Nonostante queste premesse, il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,05 miliardi di euro, contro i 2,9 miliardi del 2022, con un aumento del 5%.
Risultati positivi per le vendite totali a volume (+8,4%), sostenute da un andamento favorevole dell’export (+5,7%), e, soprattutto, delle vendite in Italia (+10,9%): un exploit sorretto in modo particolare dalla convenienza relativa del Parmigiano Reggiano nei canali retail e ingrosso, dovuta a un calo delle quotazioni del prodotto stagionato e al contemporaneo aumento dei prezzi dei prodotti alternativi. Tale tendenza ha coinvolto anche il mercato del «fresco»: per il Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore la media annuale delle quotazioni all’origine, pari a 10,12 euro/kg, ha registrato nel 2023 un lieve calo del 5% rispetto alla media del 2022 (10,65 euro/kg).
La produzione 2023 è risultata stabile rispetto al 2022: 4,014 milioni di forme (+0,3%). Per quanto riguarda l’export, come accennato in crescita del 5,7%, risultati particolarmente significativi si registrano per le vendite in Spagna (+7,8%), Francia (+6,9%), Stati Uniti, primo mercato estero per la dop (+7,7%) e Australia (+21,8%). Uniche note negative sono quelle riferite a Canada (-6,5%) e Giappone (-8,2%), rispettivamente per problemi legati alle quote e al cambio.