Negli ultimi decenni è stata osservata una forte accelerazione dell’accumulo di zuccheri nei vigneti di molti areali viticoli e molteplici fattori hanno contribuito a questo fenomeno. Sicuramente il contenimento delle rese produttive imposto dai disciplinari dei vini a origine controllata e il generale miglioramento della conduzione agronomica del vigneto hanno influito positivamente sui livelli di concentrazione zuccherina, ma il fattore determinante, che peraltro non può essere controllato nel medio termine, è stato il cambiamento climatico.
L’incremento termico che ne consegue sta infatti determinando l’anticipo di tutte le fasi fenologiche e sta favorendo anche l’accelerazione dei processi legati all’accumulazione zuccherina che in estati torride e siccitose può causare il disaccoppiamento tra la maturità tecnologica e fenolica. In tali condizioni estreme, il raggiungimento del giusto equilibrio tra concentrazione zuccherina e acidità avviene infatti molto prima che gli antociani risultino facilmente estraibili e i tannini abbiano perso le loro sensazioni più «dure».
Il viticoltore costretto a operare in questo contesto può quindi scegliere se vendemmiare quando la maturità tecnologica ha raggiunto il livello desiderato, rischiando di ottenere un vino poco colorato e con note astringenti, oppure posticipare la raccolta per raggiungere la giusta maturità fenolica, correndo però il rischio di ottenere una gradazione alcolica troppo elevata e un livello acidico limitato.
Le ricerche condotte per contrastare gli effetti negativi del surriscaldamento globale sono state inizialmente focalizzate sulla possibilità di rallentare l’accumulazione zuccherina attraverso limitazioni tardive dell’attività fotosintetica delle piante, applicando tecniche colturali come la defogliazione della porzione apicale dei germogli, drastiche cimature e trattamenti con antitraspiranti che hanno dato risultati incoraggianti.
Più recentemente, gli stessi gruppi di ricerca hanno invece preso in considerazione un approccio differente che si basa sulla potatura invernale eseguita dopo il germogliamento. Le piante sottoposte a tale intervento hanno ritardato tutte le fasi fenologiche, comprese l’invaiatura e l’inizio della maturazione, e alla vendemmia hanno raggiunto concentrazioni zuccherine inferiori rispetto a piante potate durante il riposo invernale, senza peraltro influire in maniera evidente sul comparto fenolico.
Prove sperimentali
Al fine di valutare approfonditamente gli effetti della potatura tardiva in post-germogliamento sulla maturità fenolica, è stata condotta una ricerca triennale sulla cv Merlot in un vigneto collinare a Valsamoggia (Bologna). Le piante del clone R3 innestate su SO4, allevate a cordone speronato, (3 × 1 m) sono state pre-potate meccanicamente lasciando porzioni di tralci di 7-8 gemme e sono state rifinite manualmente quando i germogli originati dalle gemme apicali erano nelle seguenti fasi: BBCH 13 – 3 foglioline distese (tesi D3, foto A); BBCH 18 – 8 foglioline distese (tesi D8).
Dai monitoraggi effettuati la maturità tecnologica è stata ritardata da entrambe le rifiniture tardive, infatti, nella media triennale, la concentrazione zuccherina è diminuita di 1 e 2 °Brix, rispettivamente in D3 e D8 e il pH ha seguito lo stesso andamento. Al contrario, l’acidità titolabile delle tesi potate tardivamente è risultata più alta del controllo.
L’insieme delle analisi e dei rilievi svolti in questo triennio di sperimentazione ha permesso di valutare approfonditamente gli effetti della rifinitura della potatura invernale eseguita dopo il germogliamento, rivelando che l’epoca di esecuzione di tale tecnica è in grado di condizionare in modo rilevante le caratteristiche produttive e qualitative delle uve.
La rifinitura eseguita quando i germogli apicali dei tralci non potati avevano 3 foglioline distese (D3) ha ridotto la produzione di circa il 40% (riduzione simile a quella raggiungibile con un diradamento dei grappoli), rimanendo comunque su livelli accettabili per la produzione di vini di elevata qualità. Nel contempo, il rallentamento della maturità tecnologica ha permesso di vendemmiare uve con tenore zuccherino non eccessivo e con valori di pH e acidità ottimali, senza influire negativamente sulla maturità fenolica.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 13/2019
Vite: la potatura tardiva allinea maturità tecnologica e fenolica
di G. Allegro, C. Pastore, G. Valentini, E. Colucci, I. Filippetti
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