Soffre ma resiste, per ora, il vigneto Italia all’attacco del Covid-19 sul fronte dei mercati extra-Ue. Al contrario del suo principale competitor, la Francia, in caduta libera.
Il quadro del mercato del vino nel primo quadrimestre 2020, rilevato dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor (a fonte dogane), è come prevedibile sempre più spezzato in due parti: il primo bimestre da record, il secondo da dimenticare.
Nel complesso, andando a misurare le performance a valore del periodo nei top 10 Paesi importatori (che valgono il 50% dell’export del Belpaese), l’Italia segna a sorpresa +5,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente, grazie all’ottima prestazione negli Stati Uniti (+10,8%, nei primi 2 mesi il dato era a +40%) e in Canada (+7,1%). Profondo rosso invece per il vino francese (-10,1%), in ritirata nelle sue piazze chiave sia in Oriente che in Occidente.
Il crinale, già sconnesso a marzo, si fa però quasi proibitivo ad aprile, dove per i fermi imbottigliati italiani si registrano pesanti cali in tutti i mercati considerati a eccezione di Canada, Russia e Corea del Sud. Si va dal -5,2% (a valori) del Giappone al -12,5% degli Usa (+6,8% gli sparkling), dal -26% della Svizzera al -48% della Cina, per un deficit complessivo sull’anno precedente del 7,2%, contro però il -22,2% francese.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «È un momento decisivo per il futuro del vino italiano; la crisi globale impone di fare ora scelte importanti che influiranno anche sul lungo periodo. Perciò Vinitaly ha moltiplicato i propri punti di osservazione e in questi mesi che precedono il Wine2Wine Exhibition&Forum di novembre condurrà sempre di più le aziende e le istituzioni in un percorso di lettura condivisa e multicanale delle dinamiche di mercato del nostro vino nel mondo».
Ma la perdita italiana potrebbe continuare a rivelarsi più contenuta rispetto ad altri Paesi produttori: «I dati di aprile – ha detto il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini – parlano di un mercato made in Italy che ovviamente cala ma sembra rispondere alla crisi in maniera più efficace dei propri competitor. Il mancato crollo nel mercato statunitense, complici i dazi aggiuntivi sulla Francia, la maggior presenza del prodotto tricolore nella gdo d’oltreoceano, un miglior rapporto qualità-prezzo, assieme all’ottimo risultato in Canada, rendono meno amaro il calice italiano in tempo di Covid-19».
Nel frattempo, in piena crisi da Covid-19 l’Italia guadagna nelle quote di mercato in quasi tutti i Paesi importatori, con incrementi consistenti in Svizzera (dal 33,1% al 37,7%) e negli Usa (dal 31,4% al 34,2%). Dove da marzo ai primi di maggio si sono impennate del 31% le vendite nell’off trade, in particolare nelle fasce medie di prezzo (11-20 dollari), segmento in cui l’Italia è molto presente e competitiva.