Secondo l’Iwsr, l’organismo britannico specializzato nelle analisi sul mercato del beverage alcolico, i vini «no e low alcol» continueranno a crescere a un tasso annuo del 7% fino al 2026, grazie soprattutto alla spinta della domanda in USA e Australia.
Recentemente, l’Unione italiana vini (Uiv) ha lanciato un segnale di apertura verso i dealcolati. Le resistenze, comunque, non mancano e tra queste spiccano le perplessità del ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha invitato alla cautela. Eppure, secondo una recente indagine condotta da Uiv, in collaborazione con Swg (azienda che si occupa di indagini di mercato, ndr), il 36% degli italiani guarda con interesse ai vini senza alcol, un dato che tra i giovani consumatori raggiunge anche valori più elevati.
Negli Stati Uniti, i vini a basso contenuto alcolico hanno registrato tassi di crescita molto significativi, con aumenti del 16% a volume e del 52% in valore rispetto a due anni fa. Anche in Germania il segmento dei dealcolati è in piena espansione. Francia e Spagna hanno già adottato le rispettive normative. Il regolamento (UE) 2021/2117, che si scontra sul piano applicativo con la legge n. 238/2016, che disciplina in Italia la coltivazione della vite e la produzione e il commercio del vino, stabilisce regole e standard per la produzione e la commercializzazione di dealcolati.
Il Masaf ha presentato nei giorni scorsi una bozza di decreto che potrebbe rappresentare una svolta per il settore aprendo alla possibilità di produrre vini dealcolizzati anche in Italia
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 40/2024
Vini, via al percorso per autorizzare la dealcolazione
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