Dopo la diffusione della gestione meccanizzata del suolo, della vendemmia e delle principali operazioni di potatura verde – tra cui ricordiamo spollonatura, cimatura, palizzatura e defogliazione – stiamo assistendo in questi ultimi anni alla crescente necessità di meccanizzare anche la potatura invernale.
Questa esigenza, espressa da numerose aziende, porta forzatamente a riconsiderare i sistemi di allevamento a cordone permanente, quali ad esempio il cordone speronato, il Casarsa, il cordone libero e il CLST (cordone libero a speronatura totale), in quanto assoggettabili all’impiego delle prepotratrici meccaniche.
In molti casi si tratta di un ritorno ai cordoni permanenti, dato che in molti contesti furono abbandonati a favore dei sistemi di allevamento a tralcio rinnovato, principalmente del Guyot e delle sue varianti.
La spiegazione dell’abbandono è da ricercare nel fatto che spesso i cordoni andavano incontro a una perdita progressiva della vegetazione e della produttività, che spingeva i viticoltori a scelte drastiche, ovvero alla capitozzatura della vite, con rimozione del cordone permanente e passaggio a una potatura che prevedesse il tralcio rinnovato annualmente.
Pulizia della curva
In passato vi era molta meno attenzione nei confronti della pulizia della curva, ovvero della porzione di raccordo tra tronco e cordone permanente. I germogli che venivano lasciati sviluppare in questa posizione avevano la tendenza a essere molto vigorosi e a deprimere lo sviluppo di quelli a valle, con ripercussioni dirette sull’attività vegetativa dei centri vegetativi ubicati nella porzione centrale del cordone permanente e sulla loro produttività. Per non incorrere in questa problematica è necessario eseguire annualmente l’eliminazione dei germogli che appunto si sviluppano sulla curva, quando presentano una lunghezza di 10-15 cm e una consistenza erbacea che ne permette il distacco manuale, senza dover ricorrere all’impiego di forbici.
Per risolvere in maniera definitiva la pulizia della curva si può procedere alla sua degemmazione nel corso dell’anno in cui il giovane tralcio viene esteso e legato al filo. Perché sia efficace deve essere eseguita quando ci si trova nella fase fenologica di gemma cotonosa– inizio germogliamento, in quanto risulta essere più semplice asportare il cono gemmario principale e quelli secondari, in quanto rigonfiatisi in previsione del germogliamento. La degemmazione deve avvenire prevedendo l’impiego di forbici a lama piatta.
Tagli radenti
Molto spesso, in passato, si potava eseguendo sul cordone permanente tagli radenti, che portavano a un progressivo danneggiamento e conseguente spegnimento dei centri vegetativi. La potatura della vite deve infatti tenere sempre in considerazione l’incapacità di questa pianta (a differenza dei fruttiferi) di riorganizzare tessuti meristematici e generare gemme avventizie.
Tradotto in termini pratici questo significa che se asportiamo o danneggiamo irrimediabilmente le gemme di un centro vegetativo si andrà incontro a un suo ineluttabile disseccamento, senza che la vite abbia modo di produrre altri germogli a partire dal medesimo. Deve essere quindi prestata una cura particolare nell’esecuzione dei tagli, soprattutto di quelli volti all’eliminazione dei tralci non selezionati come capi a frutto;
Prospettive future
I sistemi di allevamento a cordone permanente non devono essere intesi come un obbligo ma come un’opportunità a disposizione delle aziende viticole per meccanizzare la potatura, in modo da far fronte alla mancanza di manodopera, alla necessità di ridurre i costi di gestione ed eseguire la potatura in maniera rapida e tempestiva, esigenza sentita dalle aziende con elevata estensione vitata.
La loro adozione obbliga però i viticoltori a seguire una serie di regole e accortezze fondamentali per garantire la longevità vegetativa e produttiva delle piante, in modo da scongiurarne la capitozzatura, che deve essere assolutamente evitata.
Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2023
Le ragioni del disuso del cordone permanente
di Riccardo Castaldi
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