La vite è una pianta in grado di gestire la disponibilità idrica e le alte temperature regolando il proprio metabolismo traspirativo. Questo avviene attraverso l’apertura e la chiusura degli stomi presenti sulle foglie. Quando si trova in situazioni di carenza idrica, la vite rallenta i processi fotosintetici come meccanismo regolatorio di difesa, riducendo al minimo la perdita di acqua dai tessuti.
Tuttavia, questo meccanismo viene meno se le condizioni di stress idrico si protraggono a lungo e se sono accompagnate da forti ondate di calore, con conseguente aumento del rischio di scottature. I sintomi dello stress idrico riguardano principalmente ingiallimenti fogliari (a partire dalle foglie basali), crescita stentata, germogliamento disomogeneo e rallentamento delle fasi fenologiche.
Se le condizioni di carenza idrica si verificano già in concomitanza della fioritura, si assiste spesso ad acinellature e colature fiorali, causa diretta di perdita di produzione. Sintomatologie ben più gravi sono rappresentate dal completo appassimento dei frutti e dell’intera parete fogliare.
Sovescio
La tecnica del sovescio prevede la semina autunnale (ma anche primaverile) di essenze selezionate che, una volta cresciute, vengono sfalciate e interrate. Le principali specie da sovescio appartengono a tre famiglie: graminacee, leguminose e brassicacee (crucifere). Ogni famiglia e ogni specie ha un diverso effetto sul terreno, principalmente dato dal comportamento dell’apparato radicale e dal diverso quantitativo di biomassa apportato.
È quindi molto importante modulare la scelta del miscuglio di sementi in base alle necessità di ogni singolo vigneto. In tema di valorizzazione delle risorse idriche uno degli aspetti chiave del sovescio riguarda proprio il quantitativo di biomassa garantito da questa operazione. La sostanza secca interrata è infatti in grado di migliorare la struttura del terreno aumentando considerevolmente la sostanza organica e incrementandone conseguentemente la portanza idrica (Mescalchin e Zanzotti, 2018).
Rullatura
La rullatura è una pratica che consiste nell’allettamento forzato delle essenze che vengono cresciute normalmente nei sovesci: queste, anziché esser trinciate o sfalciate, vengono semplicemente schiacciate da un rullo trainato o spinto da una trattrice.
L’effetto del rullo è dato, oltre che dal suo peso, dalla presenza di lame che permettono una frattura lieve delle fibre vegetali allettandole senza provocare un vero e proprio taglio degli steli. Con questa pratica si crea uno strato vegetale che avrà funzione pacciamante nel tempo e manterrà fresco il terreno.
Trincia-andanatura
La trincia-andanatura è una lavorazione che prevede la trinciatura dell’inerbimento cresciuto nella stagione e il conseguente convogliamento del trinciato nel sottofilare per mezzo di due bocche orientate. Questo permette la creazione di uno strato di materiale vegetale in grado di ricoprire il suolo (con funzione pacciamante) e di mantenere l’umidità del terreno.
Tecniche a confronto
Queste tre operazioni (sovescio, rullatura e trincia-andanatura) e la loro efficacia sul potenziale idrico accumulato vengono comparate in uno studio portato avanti dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna – Psr 2014- 2020, dal nome Resil-vigna (Cunial et al., 2022). Risultati preliminari descrivono come l’uso di sovescio stia dando i migliori effetti in termini di mantenimento di umidità nel suolo.
Allo stesso modo la trincia-andanatura garantisce uno strato pacciamante importante nel sottofila che si è dimostrato un valido aiuto durante la stagione, mantenendo soprattutto l’umidità a seguito dei temporali estivi. La rullatura, pur avendo evidenziato risultati positivi inizialmente, a un mese dall’operazione registrava valori complessivamente inferiori (Cunial et al., 2022).
Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2023
Soluzioni pratiche per limitare i danni da stress idrico
di F. Maron, P. Pensa
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