Sulla Gazzetta UE C-384 del 22 settembre è stata pubblicata la richiesta croata di protezione della menzione tradizionale «Prošek», come aveva annunciato il commissario europeo all’agricoltura Janusz Wojciechowski.
In base ai Regolamenti 33 e 34 del 2019, che disciplinano la protezione delle menzioni tradizionali in Europa, quella domanda doveva trovare pubblicazione: il controllo della Commissione si limita infatti ai requisiti formali di approvazione a livello nazionale e ai contenuti richiesti come necessari nel dossier.
Ora inizia la «battaglia» e per l’Italia ci sono solidi argomenti per respingere l’istanza croata che, senza entrare in dettagli, presenta le seguenti criticità:
- Manifesta la malafede del governo croato che dieci anni fa, in sede di negoziati per aderire all’UE, aveva rinunciato a chiedere la tutela per questa menzione tradizionale dei propri vini, nonostante sia tradizionale almeno sull’isola di Hvar. Il governo croato avrebbe dovuto agire come fece l’Ungheria, con Tokaij, nel 1993: per un diverso comportamento, un esito necessariamente diverso.
- Viola il diritto dei produttori italiani ad utilizzare in modo esclusivo, in conformità ai regolamenti europei 1151/2012 e 1308/2013 le denominazioni di origine che includono il segno geografico «Prosecco».
- Viola gli standard Wto, che riconoscono e tutelano le menzioni geografiche e non analogamente le menzioni tradizionali.
- Viola il diritto dei consumatori a non essere indotti in equivoco da omofonie e rimandi di qualsiasi genere che possano indurli a scambiare un prodotto per un altro, come ha chiarito di recente la sentenza Champanillo della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 30/2021
Dall’Ue nessuna approvazione per il Prosek croato
di M.A. Fino
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