Se è vero che le circa 255.000 imprese vitivinicole italiane sono all’avanguardia per integrazione con il mondo turistico, certificazioni di sostenibilità e strategie di marketing, è altrettanto vero che, per difendere la propria competitività, queste dovranno investire in modo mirato nelle competenze dei loro dipendenti, qualunque mansione essi svolgano.
Questo assunto è stato al centro di un partecipatissimo incontro organizzato a Vinitaly 2024 da Foragri (Fondo paritetico interprofessionale nazionaleper la formazione continua in agricoltura) ed Eban (Ente bilaterale agricolo nazionale) durante il quale si è appunto approfondito il tema della formazione come leva di sviluppo del settore vitivinicolo.
Il presidente di Foragri Vincenzo Conso, nell’introdurre l’evento, ha ribadito il ruolo del fondo nell’offrire un grande contributo al mondo agricolo per lo sviluppo delle competenze: «Foragri, in oltre 15 anni, ha erogato circa 85 milioni di euro in formazione per i dipendenti delle aziende aderenti al Fondo – ha sottolineato – e di queste risorse oltre il 20% sono state utilizzate dalle aziende vitivinicole».
Parole a cui hanno fatto eco quelle del presidente di Eban Roberto Caponi che ha ricordato l’importanza del ruolo della bilateralità nel settore agricolo per il sostegno del lavoro e delle aziende, cioè, rappresentare gli interessi datoriali insieme a quelli dei lavoratori, in un’ottica di collaborazione e partecipazione tra le diverse parti sociali.
Formazione: chiave per la competitività
Focus dell’incontro è stato la presentazione dei risultati di una ricerca condotta da Nomisma sulla formazione per la competitività dei lavoratori e delle imprese vitivinicole: «È essenziale che le aziende vitivinicole investano nelle competenze necessarie per adattarsi alle mutevoli tendenze del settore», ha evidenziato Denis Pantini, responsabile Wine monitor di Nomisma. Dall’indagine emerge che la formazione dei dipendenti è fondamentale, soprattutto nelle competenze legate alla sostenibilità e alla tecnologia.
«La certificazione delle competenze rappresenta un’opportunità preziosa per migliorare la qualità della forza lavoro e aumentare la produttività delle aziende – ha aggiunto Pantini – tuttavia, affinché questo avvenga è necessario un maggiore coinvolgimento del settore nel massimizzarne i benefici».
L’indagine ha messo in luce che aziende e lavoratori sembrano avere una percezione limitata dell’impatto che la certificazione può avere sulle opportunità lavorative e sulla stabilità occupazionale. Le imprese spesso indicano gli elevati costi come principale motivo per la riluttanza nell’adozione di ulteriori innovazioni e nell’investimento nella formazione delle competenze dei dipendenti.
Nella Tavola rotonda si sono confrontati su diversi aspetti della ricerca: Antonio Ciaschi, docente di geografia del territorio nella Lumsa; Antonella De Marco, del Dipartimento agricoltura della Flai Cgil; Cristiano Fini, presidente nazionale della Cia; Elena Donazzan, assessore all’Istruzione, formazione e lavoro della Regione Veneto e Gianluca Gallo, assessore all’Agricoltura della Regione Calabria.
Dal confronto tra i diversi ospiti è emerso chiaramente quanto sia importante promuovere una «cultura della formazione», intercettando sia le esigenze dei lavoratori, sia quelle dei datori. L’analisi dei dati raccolti evidenzia che solo una minima parte delle aziende nel settore vitivinicolo italiano è iscritta a un fondo interprofessionale. Questo scarto tra le potenziali opportunità offerte da tali fondi e la bassa partecipazione delle aziende rappresenta un’occasione mancata per il settore.
I lavori si sono conclusi con l’intervento dell’onorevole Walter Rizzetto, presidente della Commissione lavoro della Camera dei deputati che, riprendendo alcuni punti fondamentali della ricerca, ha evidenziato il lavoro legislativo che si sta facendo sui temi della formazione e certificazione delle competenze, chiedendo a Foragri di essere stimolo per la politica.
Lorenzo Andreotti