Ormai un anno e mezzo fa è iniziato un imponente e per certi versi pionieristico lavoro che ha visto, come protagonista, l’areale delle colline vitate in provincia di Piacenza e, come obbiettivo, la riorganizzazione di una piramide qualitativa con alcune, significative peculiarità. Il lavoro, promosso dal Consorzio di Tutela dei Colli Piacentini DOC, ha visto a partecipazione, per le parti agronomiche ed enologiche, dell’Università Cattolica di Piacenza e, per la redazione complessiva di una proposta rinnovata di disciplinari, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN).
L’esigenza di mettere mano alla situazione è dipesa da una serie di costatazioni.
L’area piacentina attualmente presenta tre DOC e sul suo territorio sono rivendicabili due IGT locali oltre al’IGT regionale Emilia. Non sono presenti DOCG.
Il numero di vitigni coltivati e ammessi come menzione accessoria ai riferimenti geografici ricordati ammonta a diverse decine, anche se quattro vitigni sono i block-buster e, come tali, sono identificati come simboli del piacentino: Barbera, Croatina (che localmente è detta Bonarda), Ortrugo e Malvasia di Candia Aromatica (di seguito Malvasia DCA).
Tipologicamente, il piacentino ha sedimentato una prevalente attitudine a produrre vini frizzanti, storicamente largamente venduti, analogamente a quelli dell’Oltrepò Pavese, in Milano e relativo hinterland. Nondimeno, interessanti evoluzioni, specie nell’ultimo trentennio hanno visto viticoltori dedicarsi con scrupolo ala Malvasia DCA secca e ferma oltre che al Gutturnio Riserva (Barbera e Croatina).
La nuova piramide qualitativa
Lo stato dell’arte vede attualmente 3 doc senza gerarchia fra loro (Colli Piacentini, Gutturnio e Ortrugo dei Colli Piacentini), una molteplicità di tipologie, dalle più tradizionali alle più internazionali, un problema di un riferimento geografico incerto. Sussistono tre IGT, di cui due sono più piccole, territorialmente, della DOC Colli Piacentini e la più rivendicata, già oggi, è sempre quella regionale (Emilia IGT).
Per questo l’obiettivo è un quadro fortemente semplificato: una DOCG, una DOC, una IGT.
Una DOCG (Piacenza) bianca, rossa e passita, per dare un vertice alla piramide e la prima DOCG anche rossa alla regione ER (che attualmente annovera quali DOCG solo Albana di Romagna e Pignoletto dei Colli Bolognesi). La versione rossa sarebbe basata sul modello dell’attuale Gutturnio Riserva, mentre le versioni bianca e passita vedrebbero l‘utilizzo esclusivo di Malvasia DCA.
La DOC (Colli Piacentini) assumerebbe una decisa trazione tradizionale: Bianco (anche nella tipologia frizzante); Rosso (anche nella tipologia frizzante); Bonarda (anche nella tipologia frizzante); Barbera (anche nella tipologia frizzante); Malvasia (esclusivamente nella tipologia frizzante e spumante); Gutturnio (superiore e frizzante) e Ortrugo (anche nella tipologia frizzante e spumante); Spumante (a base Pinot n. e/o Chardonnay); Vin Santo e Vin Santo di Vigoleno.
Una IGT (Emilia), forte, internazionalmente riconoscibilissima, sarebbe utilizzata per tutti gli altri vitigni coltivati.
Per dare continuità alle tradizioni locali dei vini bianchi Monterosso Val d’Arda, Valnure e Trebbianino Val Trebbia, l’opzione migliore risulta essere quella di marchi collettivi depositati dal Consorzio di Tutela, contestualmente al progresso dei nuovi disciplinari.
Sono altresì previste, nella DOC Colli Piacentini rinnovata, quattro Menzioni Geografiche Aggiuntive, utilizzabili su alcune tipologie di vino, per dare un forte risalto alla provenienza delle uve da Val d’Arda, Val Nure, Val Tidone e Val Trebbia.
Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 1/2023
Nuova piramide qualitativa per i vini dell’area piacentina
di Michele A. Fino
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