Controllo e monitoraggio essenziali contro il Brett

Brettanomyces bruxellensis è uno dei microrganismi più noti nel settore enologico, sia ai tecnici sia ai consumatori. Questo lievito può convertire numerosi substrati presenti nel vino, alcuni derivanti direttamente dall’uva, altri prodotti dai lieviti durante la fermentazione alcolica, generando metaboliti caratteristici dal forte impatto organolettico.
ceppi di brettanomyces

Gli aspetti più controversi concernenti Brettanomyces riguardano il suo effetto qualitativo sul vino e la possibilità di gestire questo lievito in maniera mirata, senza interventi aprioristici, poco consoni a un’enologia di precisone. Riguardo al primo aspetto, la disputa è tra chi ritiene che questo microrganismo possa contribuire alla complessità del vino, così come avviene in altre bevande fermentate, e chi ritiene che sia sempre e comunque alterativo, in quanto i metaboliti da esso prodotti standardizzano il profilo sensoriale del vino già a concentrazioni piuttosto basse (la soglia di percezione è intorno ai 600 ppm).

Riguardo alla predittibilità dell’azione di Brettanomyces, è esperienza comune tra gli addetti ai lavori che questo lievito sia piuttosto sfuggente al monitoraggio analitico e che spesso non vi sia una correlazione diretta tra concentrazione microbica e danno riscontrabile nel vino.

La ricerca

Un contributo alla comprensione di queste problematiche può venire da un articolo scientifico pubblicato a inizio 2018 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Palermo e della Fondazione Edmund Mach (San Michele all’Adige, Trento) che hanno indagato la variabilità genetica e i tratti fisiologici di interesse enologico di una collezione di Brettanomyces bruxellensis, composta da più di 70 individui.
I ricercatori dell’Università di Palermo hanno identificato, grazie a tecniche biomolecolari, i lieviti isolati da vini italiani, in grado di svilupparsi sul terreno sintetico di crescita che l’Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) indica per il conteggio di Brettanomyces.
Grazie a PCRs con primer specifici per le 5 specie del genere Brettanomyces è stato verificato che ben 62 isolati appartengono alla specie B. bruxellensis e uno alla specie B. custersianus. Altre specie di lievito, Debaromyces hansenii, Trigonopsis cantarelli, Zygosaccharomyces bisporus e Pichia guillermondii sono cresciute sul terreno preferenziale per Brettanomyces, confermando la difficoltà nell’individuare un terreno selettivo per questo lievito.
L’analisi genetica è stata approfondita per indagare la biodiversità all’interno della specie B. bruxellensis. È stato possibile identificare 50 ceppi e solo in 12 casi più isolati sono risultati raggruppabili in un unico biotipo. La biodiversità di questa specie è dunque notevole, anche all’interno di un singolo areale geografico o di una cantina.
Presso i laboratori della Fondazione Mach sono stati testati i caratteri fisiologici dei ceppi di Brettanomyces con maggiore impatto nell’ambiente di cantina.
Vista la capacità di questo lievito di rimanere attivo nel vino per molte settimane, è stata testata la crescita in terreno sintetico in presenza dei principali fattori ambientali in grado di inibire lo sviluppo microbico.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2019
Controllo e monitoraggio essenziali contro il Brett
di R. Guzzon, R. Larcher, R. Guarcello, N. Francesca, L. Settanni, G. Moschetti
L’articolo completo è disponibile per gli abbonati anche su Rivista Digitale