Contenuto idrico del suolo da monitorare per prepararsi alla stagione viticola

L’attività vegeto-produttiva primaverile-estiva della vite ha salde “radici” nel precedente periodo autunno vernino. E’ infatti in questo periodo che:

  • le precipitazioni (pioggia e neve) danno luogo alla ricarica delle falde e delle riserve idriche dei suoli;
  • nei terreni argillosi con argille di buona qualità il riumettarsi dei suoli dopo il periodo siccitoso estivo promuove la rigenerazione della struttura garantendo così il giusto equilibrio fra aria acqua e matrice solida del terreno;
  • le basse temperature determinano effetti fisiologici importanti ed in particolare il superamento della fase di endo-dormienza a base ormonale, fenomeno questo che alle nostre latitudini è giustamente trascurato dai viticoltori in quanto la vite presenta un fabbisogno di freddo di molto inferiore rispetto a quello di molti fruttiferi;
  • il gelo ha un ruolo importante nell’abbattere la carica di parassiti e patogeni accumulatasi nell’annata precedente, il che ha un rilevante interesse per pianificare le attività di difesa guidata;
  • il gelo invernale può avere effetti negativi sulla vite. In tal senso sappiamo che la soglia di mortalità per la vite è molto bassa (-15/-18°C) per cui nel XX secolo una diffusa mortalità da freddo si è registrata in 3 occasioni (febbraio 1929, febbraio 1956 e gennaio 1985);
  • le gelate tardive di marzo, mese finale dell’inverno, possono arrecare danni nelle aree più miti del centro-sud ove la vite è già in piena vegetazione.

Gli elementi più significativi della stagione autunno-vernina sono stati la “siccità” invernale e il gelo che si è avuto dal 26 febbraio.

La siccità invernale

Per la stagione invernale che si avvia a conclusione è improprio parlare di siccità in termini agronomici. Infatti la siccità agronomica consiste in uno stato di carenza idrica nello strato esplorato dalle radici, fenomeno questo che nella gran parte del condizioni non si è fin qui manifestato in quanto le riserve idriche dei suoli, come si deduce dalla carta in figura, sono tuttora su livelli elevati per effetto delle precipitazioni abbondanti registrate fra ottobre e dicembre. È chiaro che se al riattivarsi della circolazione atmosferica, evento climaticamente atteso per i mesi di marzo e aprile, non dovessero verificarsi precipitazioni, la situazione potrebbe divenire critica, con problemi che si manifesterebbero a partire dal Nord Ovest (areale con deficit pluviometrico più rilevante) e dai suoli sabbiosi e ricchi di scheletro, ove la riserva è più ridotta.

Il bilancio idrico è stimato per suoli con un serbatoio di 200 mm per lo strato esplorato dalle radici.

Il colpo di coda dell’inverno

Febbraio è un mese a forte rischio per quanto riguarda le irruzioni fredde di origine artica e siberiana. Ciò perché le alte latitudini si caratterizzano ancora per la presenza di grandi masse d’aria fredda ed è dunque sufficiente che la circolazione atmosferica si orienti in modo tale da indirizzare tali masse d’aria verso il Mediterraneo per generare situazioni critiche. Tale fenomeno si è quest’anno determinato a partire dalla terza decade di febbraio, allorché si è sviluppato un grande promontorio anticlonico di blocco esteso dall’Algeria verso la Scandinavia, sul cui franco orientale sono affluite verso il Mediterraneo e il Mar Nero masse d’aria artica e polare continentale.

Le temperature inferiori a 0°C hanno abbondantemente interessato il Centro-Nord, mentre il Sud, dove l’attività vegetativa di fruttiferi e vite è già ripresa, non è interessato da questo fenomeno.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 2/2022
Contenuto idrico dei suoli da monitorare per prepararsi alla stagione
di L. Mariani, G. Cola
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