La potatura invernale è sicuramente l’intervento più importante che viene eseguito a carico della vite, nonostante venga talvolta effettuata senza una chiara consapevolezza di tutti gli effetti,
diretti e indiretti, a essa riconducibili.
Epoca di potatura
Terminata la vendemmia il pensiero corre subito alla potatura, soprattutto nel caso di aziende con estensioni elevate, sistemi di allevamento non meccanizzabili e scarsa disponibilità di manodopera. L’intervento deve però essere procrastinato in quanto, dopo la vendemmia, la vite è ancora a lungo attiva a livello radicale (assorbimento e crescita), continua il processo di lignificazione e si ha il richiamo delle sostanze di riserva dalle foglie verso gli organi permanenti.
Quindi, per dare il via alla potatura non basta una gelata in grado di provocare la caduta delle foglie, in quanto dovrebbe avvenire quando le piante arrestano completamente la propria attività ed entrano in riposo vegetativo, ovvero quando le temperature si portano stabilmente vicino a 0 °C.
A seconda dell’andamento climatico bisognerebbe quindi iniziare dopo metà dicembre, preferibilmente a gennaio.
Gli impianti in allevamento, così come i sistemi a potatura corta, dovrebbero essere potati per ultimi, eseguendo l’intervento in febbraio-marzo.
Non è superfluo ricordare che potando precocemente, con temperature elevate, si espongono maggiormente le viti a essere infettate dalle spore dei funghi responsabili del complesso del mal dell’esca, e venga nel contempo stimolato un precoce germogliamento, con maggiori rischi di incorre in danni da gelate tardive nel periodo primaverile.
Piante stressate e/o danneggiate
La potatura deve tenere conto dell’andamento climatico e delle condizioni in cui le viti arrivano alla fine del ciclo vegetativo, che devono essere valutate in ciascuna specifica situazione.
Nel caso di viti che abbiano subito un forte stress idrico, con ricadute sulla fotosintesi e sull’accumulo di sostanze di riserva, che in genere si presentano con tralci esili e poco sviluppati, è necessario ridurre il numero di gemme rispetto al carico lasciato normalmente, in modo da consentirgli di riprendersi nel corso della stagione successiva e produrre germogli di adeguata vigoria.
Qualora le viti abbiano vegetato normalmente e prodotto poco a causa di gelate tardive o di clima avverso concomitante con la fioritura, l’anno successivo c’è da attendere una produzione al di sopra della norma; in questo caso può essere ridotto il carico di gemme ma solo leggermente, per evitare di stimolare oltremodo l’attività vegetativa della pianta, intervenendo
se necessario col diradamento.
La potatura delle viti soggette a forti grandinate deve essere impostata valutando lo stato dei potenziali capi a frutto. Nei sistemi a tralcio rinnovato molto danneggiati si può eventualmente lasciare il vecchio capo a frutto, trasformandolo per un anno in un cordone speronato. Nei sistemi a cordone permanente si tende a potare più corto della norma, in funzione del grado di danneggiamento, e comunque a lasciare alcuni speroni corti per stimolare l’emissione di germogli a livello del cordone.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2022
Potare correttamente la vite: i criteri da considerare
di R. Castaldi
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