«Il nulla di fatto nell’ultimo ciclo di negoziati sulla Brexit è motivo di forte preoccupazione per il futuro del vino italiano in un mercato fondamentale per il nostro export. Con un “no deal”’ si rischia, nella migliore delle ipotesi, una babele burocratica senza precedenti negli scambi; nella peggiore, diverse regole per l’etichettatura fino all’adozione di possibili dazi». L’allarme viene da Ernesto Abbona, presidente dell’Unione italiana vini (Uiv).
«Ci appelliamo all’Unione europea affinché sia disposto un “paracadute normativo” transitorio per mantenere lo status quo negli scambi per un periodo di 12-18 mesi, vista l’impossibilità un adeguamento normativo in tempi così stretti» ha aggiunto Abbona.
L’allarme per la Brexit si aggiunge a una situazione già penalizzata dalla pandemia: i dati Istat del primo semestre mostrano che anche l’Italia, come la maggior parte dei Paesi produttori di vino, sperimenta un arretramento delle esportazioni.
Da gennaio a giugno il saldo a volume segna infatti -2,1%, a 10 milioni di ettolitri, per un valore sceso del 4,1%, a 2,9 miliardi di euro. Dal 2010, è la prima volta che il valore delle spedizioni registra il segno negativo nel primo semestre, accompagnato per ora da una meno drastica limatura dei listini, scesi in media del 2%.
Tornando alla Gran Bretagna, il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti rileva che «il mercato inglese rappresenta il terzo sbocco al mondo per il nostro export. Nel primo semestre 2020, secondo i dati Istat rilasciati ieri ed elaborati dal nostro Osservatorio, la contrazione export a valore del vino made in Italy in Gran Bretagna è stata pari a quasi il 10% sullo stesso periodo 2019, con gli sparkling a -19,8%».