Fa sorridere la notizia apparsa in questi giorni su molti quotidiani, dei doganieri olandesi che, nel rispetto delle normative sanitarie in vigore nell’Unione europea, hanno sequestrato panini al prosciutto e formaggio agli autotrasportatori inglesi in arrivo sul territorio comunitario. All’inizio ho anche pensato a una fake news, ma la notizia è documentata da un video dove il malcapitato cittadino britannico privato del pranzo al sacco chiede almeno se, una volta confiscato il prosciutto, può tenersi il pane.
Una scena al limite dell’assurdo, degna del migliore sketch dei Monty Python. Ma «…è la Brexit, bellezza» e i requisiti sanitari collegati agli scambi di prodotti di origine zootecnica e vegetale ora non possono essere più ignorati dai cittadini di entrambi i Paesi.
Parlando nello specifico del vino, l’accordo raggiunto in extremis a fine 2020 tutto sommato sembra essere un «buon accordo» per i nostri produttori, anche perché – detto onestamente – non possiamo prescindere dal consumatore inglese.
Il Regno Unito rappresenta per i vini italiani il terzo mercato di export con un valore che nel 2019 (prima dell’avvento del Covid) si è attestato vicino agli 800 milioni di euro, in crescita di circa il 20% rispetto ai cinque anni precedenti. Di questi, 320 milioni di euro hanno riguardato Prosecco.
Anche se nel 2020, causa pandemia, il trend degli acquisti dall’Italia ha subìto una flessione (–16% nei primi dieci mesi dell’anno), la rilevanza della Gran Bretagna come mercato di sbocco è indiscutibile.
Fortunatamente l’accordo concluso tra UE e UK non dovrebbe comportare riflessi negativi sulle nostre esportazioni: grazie al riconoscimento dell’origine preferenziale dei vini comunitari, non saremo soggetti a dazi; vengono altresì convalidate le nostre pratiche enologiche così come erano stabilite antecedentemente alla Brexit e contestualmente non saranno richieste certificazioni sulle analisi del vino importato dall’Unione europea e quindi dall’Italia (una procedura molto diffusa nei paesi extra UE come barriera non tariffaria per proteggere le produzioni nazionali); inoltre, viene riconosciuta l’equivalenza dei vini biologici europei e la tutela delle indicazioni geografiche per i vini iscritti nel Registro comunitario fino alla data dell’accordo.
Infine, ma non meno importante, essendo divenuto paese terzo, anche il Regno Unito potrà essere incluso nell’elenco dei mercati oggetto di promozione supportata dai fondi Ocm per cui…Dio salvi la Regina!
Denis Pantini
Nomisma Wine Monitor