Saccharomyces cerevisiae è il lievito vinario per eccellenza, dominante in una corretta fermentazione alcolica; dagli anni 80 del secolo scorso è proposto in forma di lievito secco attivo, ovvero di ceppi selezionati per la conduzione della fermentazione alcolica. Assistiamo oggi a un rinnovato interesse per la biodiversità interna a questa specie, soprattutto nelle cantine che intendono condurre fermentazioni alcoliche senza l’ausilio di ceppi commerciali selezionati, o con l’impiego di colture di lieviti aziendali.
Il laboratorio di microbiologia della Fondazione Mach ha condotto negli ultimi anni diversi studi sulla biodiversità interna alla specie Saccharomyces cerevisiae, riscontrabile durante fermentazioni alcoliche «spontanee ». Le ricerche, condotte in Toscana, Veneto, Trentino-Alto Adige e Sicilia, dunque in contesti vitivinicoli molto differenti tra loro, sono concordi nel registrare una notevole presenza di diversi ceppi di questo lievito durante la vinificazione. I ricercatori sono andati infatti a isolare lieviti da mosti in avanzata fermentazione acolica, quando il tenore alcolico, superiore al 10%, aveva già selezionato gli altri lieviti, e S. cerevisiae dominava la popolazione microbica. Dopo la purificazione dei microrganismi isolati, l’analisi genetica ha rilevato la presenza di individui geneticamente differenti, seppure appartenenti alla specie S. cerevisiae, detti «ceppi», con caratteri fisiologici e attitudine enologica decisamente differenti tra loro.
È dunque ipotizzabile che uno dei valori aggiunti della fermentazione condotta senza l’ausilio di colture selezionate sia proprio la biodiversità interna alla specie più importante, quantitativamente e qualitativamente, per la vinificazione. In altre parole, come è noto che diversi ceppi selezionanti di S. cerevisiae abbiano diverse potenzialità nello sviluppo di aromi o di altri caratteri organolettici, anche i ceppi nativamente presenti nelle uve possano dare contribuiti peculiari alla definizione del profilo sensoriale del vino.
Non è facile ipotizzare quali siano le variabili che più stimolano questa biodiversità, portando alla comparsa di differenti ceppi, ma gli studi condotti evidenziano che in cantine della stessa area vitivinicola, ma con differenti protocolli di vinificazione, vi sono ceppi autoctoni peculiari di ogni realtà, così come all’interno della medesima cantina si possano trovare differenze in termini di resistenza ai fattori limitanti nella popolazione di S. cerevisiae. Dunque sia variabili tecnologiche sia agronomiche e varietali collaborano alla spinta evolutiva e alla selezione di differenti ceppi di S. cerevisiae.
Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 4/2021
Varietà del microbiota, conoscerla per vinificare al meglio
di R. Guzzon
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