A livello mondiale le superfici investite a susino contano 2,5 milioni di ha, che corrispondono a circa 1/3 di quelle destinate alle Prunoideae, in Italia la superficie destinata alla coltivazione di questo frutto nell’ultimo decennio ha subito un ridimensionamento del 12% con punte del 22% in Basilicata. La produzione totale in Italia è pari a circa 227.000 t.
Le varietà Cino-Giapponesi in Italia sono quelle che più stimolano il gusto del consumatore e, di conseguenza, gli interessi dei produttori, nonostante siano più suscettibili a leptonecrosi e a sharka. Diversi sono i gruppi che a livello internazionale lavorano sull’innovazione varietale con la selezione di varietà molto accattivanti sotto il profilo pomologico. Però le principali cause di insuccesso di queste nuove varietà sono imputabili al luogo di selezione, infatti dove vengono testate ci sono condizioni ambientali differenti rispetto alle nostre.
Tuttavia in Italia ci sono pochi centri di ricerca che operano nel settore del miglioramento genetico a carico del susino, pertanto ancora scarse sono le risposte fornite in merito. Sarebbe auspicabile l’introduzione, per gli areali del Centro-Nord, di nuove cultivar cino-giapponesi di origine italiana, maggiormente adattabili nei nostri ambienti rispetto a quelle di provenienza estera, con calendario di maturazione spostato sul periodo precoce e con caratteri agropomologici di pregio.
Il costitutore deve selezionare in base alle richieste del consumatore, il quale sceglie in base al colore, che deve essere brillante e senza sfumature di altri colori.
Uno degli obiettivi della filiera produttiva è quello di assicurare la continuità di gamma di prodotto con varietà dalle caratteristiche simili del frutto e la copertura di un ampio arco temporale.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 14/2017 a pag. 57
Il susino non riesce a fare il salto di qualità
di C. Mennone