L’industria mangimistica assorbe gran parte della produzione italiana di mais da granella, orzo e seme di soia, pur senza esaurire la domanda indoor. Viceversa, negli ultimi anni il ricorso alle importazioni di granella di mais, come conseguenza alla riduzione della produzione interna (ricondotta all’emergere di problematiche climatiche e sanitarie), ha generato un peggioramento del tasso di autoapprovvigionamento, sceso nel 2019 a circa 50% (contro il 64% nel 2015). Parallelamente, anche l’import di soia è aumentato per soddisfare la domanda delle industrie di trasformazione per la produzione di farine di soia per mangimi e oli di soia, coprendo solo il 34% del fabbisogno interno nel 2019 (contro il 54% nel 2015). L’orzo, invece, non segnala variazioni considerevoli, mantenendo il tasso di autoapprovvigionamento fissato al 60%.
Il mercato nazionale di mais e soia è fortemente influenzato dalle dinamiche di prezzo internazionali, proprio come conseguenza degli elevati livelli di materia prima importata che espongono le industrie mangimistiche a grande vulnerabilità, accentuatasi durante la diffusione del Covid-19. Il rallentamento delle macellazioni (soprattutto suine, dovute principalmente alla contrazione dei consumi sui canali Horeca, nonché alla diffusione della Peste Suina Africana) ha comportato una richiesta superiore di mangimi da parte degli allevamenti, e quindi ad un aumento delle importazioni di soia. Come conseguenza, nei primi mesi della campagna di commercializzazione 2020/2021 delle materie prime destinate all’industria mangimistica si registra un generalizzato incremento dei prezzi, destinato a protrarsi nel breve periodo.
L’International Grains Counsil evidenzia (in via previsionale) una lieve crescita della produzione mondiale di mais nel 2020, pari a 1,15 miliardi t. In Europa si profila una contrazione dei raccolti (-8% con 63 milioni t) influenzata dagli andamenti di produzione della Romania, dove la flessione ha raggiunto il 30% rispetto all’annualità precedente, e della Bulgaria che ha misurato -41%. Tra i principali Paesi esportatori di mais figura anche l’Ucraina, scesa anch’essa dell’8% in termini di quantitativi prodotti. Oltreoceano, gli USA devono recuperare le perdite del 2019, attestandosi al +8%, pari a 374 milioni t. In questo contesto, l’Italia diminuisce la produzione di mais dello 0,9% rispetto al 2019, attestandosi a 6,3 milioni t, risultato di un andamento che da una parte spinge i rendimenti unitari (10,3 t/ha nel 2020 contro 10t/ha nel 2019) e dall’altra contrae gli investimenti (-3,9% sul 2019, 604.000 ha circa).
La produzione mondiale di soia è in recupero a 370 milioni t (+9,4% rispetto al 2019), con un incremento generale da parte di quasi tutti i Paesi produttori (inclusi gli USA che dovrebbero così risalire agli standard di produzione del 2019). La produzione di soia in Italia, viceversa, è calata del 6% rispetto al 2019, scendendo a 937.000 t.
In Italia, l’approvvigionamento dei principali prodotti destinati all’alimentazione animale ha segnalato, nel 2019, un deficit commerciale pari a 1,851 miliardi euro con un peggioramento di quasi 200 miliardi euro rispetto all’anno precedente.
La bilancia commerciale, in Italia, attende un aumento delle importazioni di mais e soia nei prossimi mesi, dovuto alle flessioni dei raccolti nazionali del 2020, i cui effetti non avranno comunque un peso significativo visto che l’Italia è strutturalmente deficitaria. L’aumento dell’import sarà soprattutto motivato dall’incremento della domanda di materie prime da parte dei mangimifici, per rispondere alle crescenti richieste degli allevamenti. Considerando le recenti misure restrittive imposte per arginare la pandemia in atto, che ancora una volta produrrà un calo dei consumi dei prodotti trasformati attraverso i canali Horeca, è prevedibile un nuovo rallentamento delle macellazioni. Nei primi 7 mesi del 2020 il disavanzo della bilancia commerciale del mais si è ridotto a 601 milioni euro, migliorando tendenzialmente del 5,1% rispetto al 2019. Sul fronte della soia, la bilancia commerciale dei primi 7 mesi del 2020 ha recuperato il disavanzo del 9,3% (attestandosi a quota 439 milioni euro), con la presenza massiccia di due Paesi che soddisfano oltre il 60% delle richieste nazionali: Stati Uniti e Brasile.
Il 60% delle scorte mondiali di mais è detenuta dalla Cina (169 milioni t, in calo annuale del 11,6%) che influenza decisamente il valore della granella. Con l’inizio della campagna commerciale 2020/2021 (dallo scorso luglio), il mercato internazionale ha delineato grandi incertezze e volatilità nei prezzi. Nel mercato indoor l’oscillazione del valore del mais ha registrato un aumento nel mese di luglio, una stabilizzazione ad agosto e una consistente contrazione nel mese di settembre (351,28 euro/t), seguita da una rivalutazione a ottobre (381,07 euro/t). Nelle ultime settimane i prezzi sono nuovamente aumentati. Questa dinamica, è attribuibile a fattori di carattere speculativo con investimenti sulle commodity e alla pressione esercitata dalla Cina sui mercati mondiali in conseguenza della forte ripresa degli acquisti di cereali e semi oleosi per incrementare i volumi delle proprie scorte.
Fonte: Mais, Orzo e Soia per l’industria mangimistica: tendenze e dinamiche recenti – Novembre 2020 – ISMEA
Ilenia Cescon