In Unione Europea, dal 27 aprile, via ai dazi doganali per l’importazione di mais per un valore pari a 5,27 euro/t come conseguenza del recente crollo dei prezzi del mais negli USA.
Il difficile periodo storico che stiamo attraversando ha portato al crollo dei prezzi del petrolio e ad una limitata produzione di etanolo causando una significativa contrazione della domanda di mais negli Stati Uniti.
Complici l’abbattimento dei costi di trasporto e le aspettative di un raccolto da primato a livello mondiale per la stagione 2020/2021, il prezzo del mais statunitense, al porto di Rotterdam, è precipitato.
Quest’anno nella Ue si importeranno circa 19 milioni di tonnellate di mais. Per il quarto anno consecutivo l’UE sarà il primo importatore mondiale di mais. Che è e resterà una coltura fondamentale per l’agricoltura e la zootecnia nazionale ed europea.
Gli strumenti di regolamentazione del mercato che sono entrati in funzione rimangono, oggi, l’unica rete di sicurezza dell’agricoltore europeo di fronte alla crisi dei mercati globali.
Una sicurezza debole.
Si tratta di meccanismi di dogana che, almeno in parte, tengono conto della distorsione della competizione e di conseguenza della realtà dei costi di produzione europei.
Gli standard produttivi a tutela dell’utente sono infatti molto elevati rispetto alla concorrenza delle importazioni extra EU, da anni, per esempio, si sono abbandonate nella produzione alcune molecole di protezione delle piante (come nel caso dell’atrazina, dei neonicotinoidi, ecc.) ancora oggi però utilizzate nei principali Paesi esportatori a livello mondiale, tra tutti Usa ed Ucraina.
Sono strumenti fragili che non ci tutelano perché basati, nel loro calcolo, su un prezzo di intervento che si riferisce a condizioni vecchie di 20 anni.
Il mondo corre alla velocità della luce. Pertanto, l’efficacia della misura, che viene attuata solo in estreme situazioni critiche di mercato, risulta inefficace ed inadeguata.
Non solo. Ad indebolire l’efficacia dello strumento sono anche gli accordi specifici stipulati con singoli Paesi, vedi l’Ucraina, o aree geografiche che consentono l’importazione in esenzione dai dazi doganali.
Tutto ciò non fa altro che diminuire la competitività del mais europeo e di quello italiano.
L’aspetto più grave è che spalanchiamo le porte all’importazione di un prodotto che non condivide gli elevati standard di produzione richiesti dai consumatori.
È pertanto urgente riattivare, come indicato nel Piano Maidicolo, strumenti più efficaci per la produzione nazionale, così come la rinegoziazione di efficaci strumenti di regolazione dei mercati internazionali.
Cesare Soldi
Presidente AMI