In Italia le superfici di grano tenero coltivato a biologico stanno crescendo. Allo stesso tempo, il mercato dei cereali biologici è altalenante e i prezzi sono instabili. La continua alternanza tra picchi e discese del valore della materia prima colpisce i produttori che spesso sono guidati dall’intuito, più che da scelte ponderate sulla garanzia delle rese. Anche per il frumento biologico la situazione è pressoché uguale. La volatilità dei prezzi fa slittare le preferenze di coltivazione dal frumento duro a quello tenero, e viceversa, e spinge i produttori a rincorrere il prezzo presumibilmente migliore tra i due. Cercheremo di capire cosa sta accadendo con l’aiuto di Andrea Calgaro, agronomo di professione e consulente per Agricola Grains di Arre (Padova), azienda dedita principalmente alla raccolta, allo stoccaggio e alla commercializzazione di cereali biologici.
Dott. Calgaro, quali sono le caratteristiche del mercato attuale del grano tenero biologico?
Il mercato del grano tenero biologico sta assistendo a delle mutazioni consistenti che coinvolgono parallelamente il livello di produzione e quello di trasformazione della materia prima. Queste variazioni riguardano principalmente l’aumento dell’offerta di frumento tenero proveniente dall’estero e l’intervento della grande distribuzione organizzata nel mondo del biologico che infl uisce in maniera massiccia nella definizione del prezzo di mercato, abbassando i prezzi di vendita dei prodotti per renderli accessibili a un pubblico più ampio. Basandoci sulla nostra esperienza aziendale, possiamo affermare che una grossa fetta della produzione di grano bio made in Italy è destinata ai mercati esteri, soprattutto Svizzera, Germania e Paesi scandinavi. I mercati Nord europei prediligono il frumento bio italiano, in quanto ne riconoscono i requisiti di tracciabilità, che risulta preferibile a quella di origine Est europea o extra UE. Sul fronte nazionale, nel 2018 abbiamo riscontrato una certa stabilità negli acquisti da parte dei buyer italiani, con la sola eccezione dei mangimi e del pet-food biologico, la cui domanda è in notevole aumento. Gli allevamenti di galline ovaiole bio e quelli da carni bianche bio hanno la necessità di fornire un’alimentazione basata su mangimi a loro volta biologici. La scelta del bio come base alimentare sta inoltre crescendo anche nel mondo degli animali domestici, laddove stanno spuntando anche i primi cibi vegani dedicati a cani e gatti. In linea generale, i prodotti biologici sono diffi cili da gestire e da posizionare sul mercato, questo vale soprattutto per il frumento tenero che attualmente sta attraversando una situazione statica e fortemente infl uenzata dalla concorrenza dei Paesi extra UE.
Alla luce di un andamento dei prezzi instabile, quali sono le possibili traiettorie future?
I prezzi del grano tenero bio sono in parte influenzati dall’andamento del mercato del frumento convenzionale, ciononostante mantengono quotazione sostenute e le oscillazioni risultano meno impattanti. In un certo senso possiamo considerare eccessivo il livello di prezzo raggiunto lo scorso anno (370-390 euro/t) e possiamo valutare altrettanto anomalo l’abbassamento repentino dell’annata in corso (circa 270-290 euro/t). Una criticità è sicuramente rappresentata dall’accesa concorrenza estera. Per far fronte a questo inconveniente e dare struttura al mercato, i produttori, assieme agli acquirenti, stanno puntando sulla tracciabilità del prodotto, elemento sempre più richiesto e apprezzato dal consumatore italiano e straniero.
La partita non si gioca solamente sui mercati, ma anche in campo. In merito alle sfide agronomiche, quali sono le misure biologiche da applicare per prevenire attacchi patogeni?
Gli attacchi fungini, virali o batterici, come sappiamo, sono suscettibili di variazioni a seconda dei fattori agronomici, pedologici e ambientali. Ciononostante, esistono alcuni consigli bio che possiamo fornire agli agricoltori che coltivano grano tenero. Ad esempio, è importante che il momento della semina non avvenga troppo presto: nel Nord Italia è generalmente consigliato operare tra la fine di ottobre e quella di novembre, soprattutto in annate calde come quella in corso. La semina anticipata, infatti, allunga i tempi di esposizione della coltura al rischio di attacchi fungini, che poi si manifestano con l’inizio del periodo primaverile. Un altro suggerimento importante riguarda l’utilizzo di conce (ammesse da regolamento CE 834/07 e 889/08, i cui dettagli sono inoltre forniti sul portale del Sian – Sistema informativo agricolo nazionale, ovvero l’applicazione di microorganismi che rinforzano il seme dal momento della semina fino alle prime fasi fenologiche. Questi agenti hanno la capacità di fortificare le difese endogene della pianta, garantendo una maggiore resistenza agli attacchi patogeni, con un conseguente aumento dello stato di salute delle piante, nonché della produttività. Inoltre, ricordiamo che una semina più diradata consente una migliore circolazione dell’aria tra le piante, asciugando con maggiore facilità ristagni di umidità e permettendo anche una migliore ossigenazione. Questo permette di limitare asfissie radicali, marciumi e attacchi fungini. Concentrando le risorse del terreno su un minor numero di piante, l’agricoltore potrà contare su una coltivazione resistente, in grado di incrementare la qualità e quindi la resa del prodotto.
Quali sono le tecniche più efficienti per gestire le malerbe?
I problemi legati alla presenza di malerbe sul grano tenero sono tendenzialmente contenuti, essendo questa una coltura prevalentemente «invernale». Gli agricoltori di vecchia data ricordano sicuramente la tecnica della «bulatura», ovvero la consociazione agraria che consiste appunto nella sovrapposizione di una coltivazione leguminosa a un terreno investito a cereale durante il periodo autunno-invernale. In particolare, la trasemina di trifoglio nano, effettuata in gennaio, permette di occupare le aree scoperte dal grano, oltre ad arricchire il terreno in termini nutrizionali. La simbiosi avviene a livello radicale tra la pianta e i batteri della rizosfera, fissando l’azoto atmosferico e rendendolo disponibile al terreno. Rappresenta un passaggio essenziale al fine di inibire lo sviluppo successivo di graminacee ed erbe infestanti, comunemente presenti dalla primavera; eviteremo quindi di operare meccanicamente con estirpature estive su stoppie per disincentivare lo sviluppo del Sorghum halepense, con un conseguente risparmio in termini di operazioni colturali. Ulteriore accorgimento nella gestione delle malerbe è l’utilizzo dello strigliatore nell’intervallo da gennaio a marzo. Con uno o due passaggi (scelta effettuata in base alla situazione climatica e alla piovosità dell’annata agraria) viene notevolmente scoraggiata la crescita di eventuali infestanti, oltre ad arieggiare gli strati superficiali del terreno e scongiurare asfissie o formazione di crosta superficiale. Il tutto deve comunque avvenire in condizioni di tempera del terreno, ossia in una situazione ideale di buon equilibrio idrico. Un terreno eccessivamente secco o fangoso rende difficile lo sgretolamento delle zolle, creando stress alla coltura e danni in termini di resa. Questo passaggio può essere associato a una concimazione con concime pellettato, composto da varie combinazioni di nutrienti che hanno tempi di degradazione diversi (mix di stallatico opportunamente trattato e sanificato, polline o scarti della lavorazione zootecnica, farine proteiche e di matrici vegetali). Infine, l’uso di concimi fogliari a base di microelementi quali zolfo, ferro, rame e boro, intensifica e supporta l’azione delle precedenti fasi.
Quanto incidono le caratteristiche del terreno sulla possibilità di coltivare con metodo biologico?
In base all’esperienza finora accumulata posso affermare che il grano tenero biologico può essere coltivato su qualsiasi tipo di terreno. Ciononostante, esistono terreni più vocati di altri. Il riferimento va ai suoli asciutti, meno argillosi, maggiormente sassosi. Ogni terreno deve essere coltivato in base alle proprie caratteristiche in termini di composizione naturale e di capacità produttiva. La conoscenza e l’analisi della singola tipologia di suolo consentono a ciascuna realtà produttiva di gestirlo, accudirlo e farlo fruttare al meglio.
Ilenia Cescon