Le quotazioni dei risi italiani nell’arco di un anno sono decisamente aumentate: del 70% per l’Arborio che ha raggiunto 520 euro a tonnellata, mentre per Selenio l’incremento è stato addirittura del 75% con 490 euro a tonnellata. Variazioni positive anche per Roma +54%, Sant’Andrea +49%, Carnaroli +55%, Vialone Nano +32% e Lungo B +20%.
Sulle cause di questi aumenti dei listini le posizioni sono divise. Coldiretti ha contestato il peso della clausola di salvaguardia sulle importazioni dai Paesi del Sud-Est asiatico, sostenendo che l’incremento delle quotazioni di riso dipende dalla legge che obbliga da un anno a indicare in etichetta l’origine del riso.
Questa analisi è stata contestata dalla società Oryzon, specializzata nella compravendita dei risoni, secondo la quale l’aumento dei prezzi ha origine dalla scarsa resa alla lavorazione di alcune tipologie di risi autoctoni.
Nel dibattito si è quindi inserita la Cia, con la tesi che l’aumento di prezzo di diverse tipologie di riso autoctono ha origine negli squilibri del mercato.
L’Organizzazione ritiene anche che l’etichettatura generica abbia avuto un impatto poco rilevante sul mercato nazionale e che, invece, «occorre puntare sulle certificazioni dop e igp».
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 10/2019
Riso: i prezzi salgono ma non abbastanza per evitare polemiche
di S. Pellegrini
L’articolo completo è disponibile per gli abbonati anche su Rivista Digitale