Più di 3 milioni di tonnellate di grano duro per produrre la pasta italiana provengono dall’estero e sempre di più dalla Turchia (con il sospetto pure di triangolazioni con la Russia). «C’è – osserva Coldiretti – un vero e proprio fiume di grano duro destinato in gran parte ad arrivare in Italia che, aggiunto a quello canadese, impatta sui prezzi del prodotto nazionale».
Nel 2012 il tasso di autoapprovvigionamento del grano duro in Italia era al 78%, nel 2023 è sceso al 56% e nel 2024 con ogni probabilità si chiuderà sotto il 50%.
Le iniziative delle organizzazioni
Per «far tornare il tasso di autoapprovvigionamento a livelli più alti», il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, il 18 ottobre scorso – alla prima edizione a Roma del World durum and pasta forum – ha annunciato che la Confederazione ha stretto un’alleanza con Unionfood sulla filiera grano-pasta. L’iniziativa affonda le radici nel «protocollo d’intesa grano duro- pasta»: un’esperienza che, dal 2017, ha consentito di raddoppiare sia il numero dei contratti di coltivazione tra pastai e mondo agricolo e cooperativo (da 6.000 a più di 12.000), sia la superficie agricola oggetto di accordo (200.000 ha, più del 15% dell’intera superficie agricola nazionale vocata a grano duro.
Dal canto suo Coldiretti, lo scorso 28 ottobre ha presentato presso il Masaf, alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida, «Filiera Pasta», il progetto portato avanti con Filiera Italia, l’associazione che opera per sostenere e valorizzare il made in Italy agroalimentare. per il rilancio e la valorizzazione del grano italiano, la sottoscrizione di contratti di filiera che assicurino un’equa ripartizione del valore aggiunto, la comunicazione e la promozione per differenziare sul mercato internazionale la pasta 100% made in Italy e per contrastare l’italian sounding
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2024
Pasta italiana, ma con grano estero
di C.Costantino
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